Categoria: Pubblicazioni e monografie
Data: 30/11/2017
Appunti pratici sull'interpretazione delle manifestazioni umide negli edifici e suggerimenti per le possibili soluzioni
I problemi connessi con l'umidità e le necessità di impermeabilizzazione dei manufatti edilizi rappresentano aspetti importanti in ordine alla corretta esecuzione dei lavori ed alla durata delle opere costruite.
Dal punto di vista metodologico il “Processo di IMPERMEABILIZZAZIONE” comprende tutti i magisteri preposti ad impedire all'acqua di penetrare nella struttura edilizia e quindi deteriorarla, mentre il “Processo di DEUMIDIFICAZIONE” è rivolto all’eliminazione dell’umidità presente nella struttura.
L'umidità è un fenomeno assolutamente imparziale che può aggredire, in misura e con modalità differenti, gli edifici di qualsiasi natura, danneggiandoli non solo in modo visibile ma anche latente e/o invisibile, con una lenta opera erosiva che spesso non si ferma alle macchie e allo sfaldamento degli intonaci ma può compromettere la struttura stessa del materiale.
La ricerca di soluzioni per risolvere il problema dell’umidità, attraverso l’impiego di materiali e procedure di risanamento efficaci, è ancora oggi un indirizzo di ricerca e sviluppo di significative risorse tecniche ed economiche, volte alla messa a punto di adeguate ed efficaci procedure di risanamento.
A titolo orientativo si ritiene utile segnalare, come riferimento, il documento “L’humiditè dans les batiment”, dell’Agenzia Nazionale Francese per il miglioramento dell’abitare, spesso assunto come traccia utile, coerente e collaudata, per muoversi all’interno dell’umidità negli edifici.
L’umidità nelle costruzioni è una presenza frequente, sgradevole ed antica più o meno come la storia delle abitazioni umane. Nel 14° capitolo del “Leviticon” (*1), citato nel classico testo “Risanamento dei locali umidi” (*2), sono riportate prescrizioni di “buon senso” per evitare l’insorgere del problema “umidità”. Erodoto, nel 420 a.C., riferisce, lamentandosene, della presenza di strisce bianche e macchie di umidità, visibili sulle murature e sugli intonaci dei templi greci.
Il problema del controllo e dell’eliminazione dell’umidità dalle murature non solo è stato, sin dall’antichità, uno dei punti nodali nella manutenzione degli edifici, ma rappresenta tutt’oggi un delicato capitolo della pratica costruttiva.
(*1) Terzo libro della Torah ebraica e della Bibbia cristiana, composto da 27 capitoli, scritti in ebraico, contenenti leggi religiose e sociali, ad uso dei sacerdoti e dei leviti (circa 1200 a.C.).
(*2) “Risanamento dei locali umidi” degli ingegneri Giovanni ed Ippolito Massari, edito nei primi anni 80 da Hoepli.
Il degrado causato dall’umidità coinvolge aspetti importanti di natura estetica ed igienico-sanitaria. Per quanto attiene gli aspetti igienico-sanitari, è opportuno discriminare fra valutazioni di tipo pratico e definizioni inerenti gli aspetti “legali” che possono conseguirne e per i quali è necessario fare riferimento ai “Regolamenti comunali di igiene ed abitabilità".
In linea di massima vale la pena di sottolineare che la bioclimatica definisce come intervallo ideale di umidità, di un ambiente interno (inteso come grado igrometrico dell’aria), quello compreso fra il 40 ed il 60%.
Nella tabella che segue viene proposta una classificazione "igienica" delle murature, in funzione del contenuto ponderale d'acqua.
Una struttura muraria può essere considerata “patologicamente umida” quando il suo contenuto d’acqua, percentuale, supera il 3%. La situazione descritta può assumere valenze particolarmente critiche, sotto il profilo dei rischi di degrado, quando il muro non è in grado di smaltire, in quantità adeguata, l’acqua presente nei suoi tessuti, quando sono presenti quantità significative di sali, quando sono presenti, o ricorrenti, condizioni climatiche avverse. Per esempio le alternanze gelo-disgelo, in grado di determinare alterazioni secondarie degli stati di equilibrio.
La condizione “patologicamente umida” comporta l’esposizione della struttura e del corpo murario ai rischi degenerativi connessi con le tensioni derivanti dai cicli gelo-disgelo, con i fenomeni di condensazione interna ed esterna, con il manifestarsi di efflorescenze e subflorescenze, con l’insorgenza degli insediamenti biodeteriogeni rappresentati da muffe, alghe, ecc., con la corrosione delle strutture e dei manufatti metallici, nonché con decadimenti significativi dei valori di isolamento termico originari.
La presenza di umidità nelle murature è causa di danni diretti ed indiretti. I danni diretti possono essere riassunti con l’insalubrità degli ambienti (1), il degrado dei corpi murari (2) ed il distacco di intonaci, parati e rivestimenti in genere (3).
I danni indiretti possono essere riassunti con:
Con il verificarsi di cicli gelo-disgelo, le fasi di congelamento dell’acqua contenuta nella muratura ed il conseguente aumento di volume, determinano tensioni in grado di prevalere sulla resistenza del materiale costituente la muratura.
Il verificarsi di efflorescenze di vario tipo, collocazione e natura, è ascrivibile ai sali della muratura e/o del terreno, trasportati in soluzione dall’acqua costituente l’umidità muraria. Per una semplice reazione chimica spontanea, si possono creare, ad esempio, depositi cristallini di carbonato di calcio.
Mentre le efflorescenze superficiali non comportano rischi significativi di carattere strutturale, le sub-florescenze, interne alla muratura, possono risultare più dannose per il rischio di distacchi “a strati” delle tessiture murarie.
Muffe, alghe, ecc., costituiscono gli “insediamenti biodeteriogeni". Si tratta di organismi che attaccano la struttura muraria per alimentarsi e la corrodono con i prodotti del loro metabolismo, con danni estetici, strutturali e di “salubrità” considerevoli.
L’umidità può costituire una componente fondamentale e necessaria per i processi elettrochimici di corrosione metallica, con i ben noti effetti degenerativi a carico delle strutture.
L’umidità può aumentare in modo significativo la conduttività termica delle murature con conseguenti perdite, altrettanto significative, del grado di isolamento termico dall’ambiente esterno.
La presenza di sali igroscopici nelle murature comporta manifestazioni di affioramento dei sali stessi, rigonfiamenti igroscopici con possibili distacchi e distruzioni del tessuto murario. L’elevata igroscopicità dei sali, inoltre, può alimentare le manifestazioni umide anche dopo l’eventuale eliminazione delle cause di risalita capillare.
Per quanto si riferisce alle opere in calcestruzzo la condizione umida può facilitare la penetrazione degli agenti aggressivi, determinare il dilavamento lento della matrice cementizia, specie in presenza di alternanze umido-asciutto (1). Nel conglomerato cementizio armato (2) può comportare la formazione di pile di corrosione per areazione differenziale (3).
L’umidità, negli edifici, si accompagna spesso agli insediamenti biodeteriogeni rappresentati da muffe, alghe, funghi, batteri, ecc. Maggiori informazioni sull’argomento sono rimandate al capitolo 4, "Umidità di condensazione”.
L’umidità, negli edifici, ha carattere invasivo e cronico con disposizione puntuale ed irregolare, in termini quantitativi, può assumere valenze stazionarie o progressive nel tempo. Le modalità di “invasione” più frequenti, sono schematizzate nell’immagine sotto riportata.
In termini funzionali le modalità “classiche” di “invasione” sono riconducibili ai 4 schemi fondamentali che costituiscono la base di partenza sia per l’interpretazione diagnostica che per i protocolli di bonifica.
Le differenti “modalità di invasione” si accompagnano anche a differenti modalità di distribuzione dell’umidità.
Il processo di risalita umida si determina quando l’acqua presente nel terreno, in prossimità delle murature e delle strutture di fondazione, penetra nei corpi murari, li impregna e quindi procede verso l’alto, attraverso le tensioni superficiali e capillari, vincendo la forza di gravità.
Affinché ciò possa avvenire, si debbono verificare le condizioni essenziali rappresentate dalla pre-senza dell’acqua nonché dalla effettiva “tessitura capillare” delle murature. I corpi e/o gli involucri murari debbono essere costituiti da materiali porosi ma non macroporosi; una muratura a sacco, discontinua, non può dare luogo a fenomeni di risalita capillare; in un muro in conglomerato ordinario il fenomeno può verificarsi più o meno facilmente; in una muratura costituita con materiali compatti, non porosi, può verificarsi la risalita capillare attraverso le malte di allettamento e così via. Ulteriori dettagli nel capitolo 3, "Umidità di risalita capillare".
Il fenomeno della “condensazione” si verifica quando la temperatura delle pareti o dei ponti termici è inferiore alla temperatura di “rugiada” dell’aria interna. Il vapore acqueo, condensando, assume lo stato liquido.
L’origine del vapore acqueo è da ascriversi al processo di respirazione degli abitanti, alla “produ-zione” di vapore delle cucine e dei bagni ed alla “restituzione” dell’acqua (vapore) da parte dei muri. Il fenomeno può manifestarsi in modo evidente, sulle superfici (condensazione superficiale), quando la “ventilazione” dell’ambiente è carente e/o incorretta ed in modo occulto, nascosto nel corpo murario, quando è originato da incorrettezze d’isolamento (condensazione interna). Ulteriori dettagli nel capitolo 4, "Umidità di condensazione".
È da ricondurre all’acqua delle precipitazioni meteoriche: pioggia, neve, che penetra nelle murature per infiltrazione diretta dell'acqua, attraverso fessure, microfessure, macroporosità, inserti di varia natura, carpenterie, ecc (A).
Può inoltre verificarsi per infiltrazione dell’acqua piovana risorgente (rimbalzante) in terreni rigidi (B), così come può formarsi attraverso impedimenti del corretto scambio igrometrico delle murature.
Le pareti frequentemente esposte alla pioggia possono facilmente inumidirsi e saturarsi, soprattutto in presenza della pressione esercitata dal vento che può facilitare la penetrazione dell’umidità nei tessuti murari. In generale gli effetti della pioggia battente sono in stretta relazione con la morfologia degli edifici e può essere accentuata in presenza di eventuali difetti locali dell’involucro esterno.
L’intonaco infatti, non ha soltanto la funzione di assicurare una copertura unitaria dell’edificio, ma anche quella fondamentale, di garantire una protezione dagli effetti della pioggia battente e degli agenti meteorici in genere. Nel caso di materiali porosi la funzione protettiva dell’intonaco è fon-damentale. Per pareti particolarmente esposte sono consigliabili intonaci idrorepellenti e/o presidi in grado di inibire il trasporto dell’acqua. In ogni caso, gli intonaci debbono essere in grado di garantire uno scambio di vapore sufficiente tra la parte interna della parete e l’ambiente esterno.
Può provenire da eventi accidentali ed imprevisti così come da fughe, fessure e deterioramenti conseguenti ad una cattiva manutenzione di pluviali, canalizzazioni, fognature, impianti sanitari, coperture, ecc.
È conseguente all’incompleta evaporazione dell’acqua presente in molti materiali edili (malte, in-tonaci, rivestimenti, ecc.). Può avere una diversa incidenza in funzione dell’età dell’edificio.
In condizioni normali, l’umidità residua, scompare spontaneamente per evaporazione. Al contrario, se non vengono rispettati i corretti tempi di ventilazione degli ambienti, previsti dai regolamenti edilizi e d’igiene in vigore, può permanere con manifestazioni ed incidenze variabili in funzione di differenti aspetti morfologici delle opere.
Il prosciugamento è funzione di un coefficiente (p), caratteristico per ogni tipo di muratura, e dello spessore (s), della muratura stessa. Il tempo impiegato da una struttura ad asciugare è in rapporto al quadrato dello spessore.
Una corretta diagnosi delle condizioni di umidità di un edificio richiede accertamenti, osservazioni e misurazioni volte all’individuazione della natura, delle cause e dell’entità dei fenomeni. I rimedi da adottare nei confronti delle insorgenze umide debbono infatti essere adeguati alle cause determinabili, alla loro ampiezza, nonché alla natura ed alla morfologia dei materiali costituenti le opere murarie. E’ quindi sempre conveniente un approccio critico e circospetto nell’analisi di manifestazioni che possono derivare da più cause, talvolta differenti da quelle immediatamente evidenti.
L’indagine effettiva deve pertanto risultare da un preciso piano di accertamento, condotto da operatori informati, con l’ausilio degli strumenti adeguati ed un sufficiente grado di consapevolezza critica.
Le note esemplificative che seguono hanno valenza semplicemente orientativa, per tracciare un quadro essenziale dei più comuni sintomi da umidità e del loro significato corrente.
Macchie e zone scure: Sono di facile individuazione anche con la semplice osservazione. Denotano aree che certamente sono state interessate da fenomeni connessi con l’umidità. Poiché la persistenza delle macchie di cui trattasi può prolungarsi per molto tempo dopo l’evento che le ha determinate, la loro presenza non è di per sé un sintomo certo del protrarsi del fenomeno anche all’atto dell’osservazione.
Efflorescenze, sali: Il manifestarsi di efflorescenze è generalmente associabile con la presenza di umidità, in coazione con una significativa concentrazione di sali migranti. In alcune circostanze, dove la presenza salina è particolarmente elevata, le efflorescenze possono manifestarsi anche in condizioni di umidità relativamente modesta.
Muffe, alghe, funghi, ecc: La presenza degli insediamenti biodeteriogeni (muffe, alghe, funghi, licheni, ecc.) è un indice significativo della presenza di umidità o della carenza di ventilazione ambientale. La lettura corretta dell’indizio richiede ulteriori accertamenti.
Rigonfiamenti, bolle, esfoliazioni: Sono il sintomo della presenza di umidità intrappolata nella muratura da pitture e/o rivestimenti non adeguatamente traspiranti.
Una valutazione di massima, di carattere preliminare ed indicativo, in ordine alla presumibile rilevanza ed alla causa/origine ipotizzabile, può essere effettuata sulla base della ricerca e della corretta interpretazione delle manifestazioni umide caratteristiche di seguito accennate. La successione dei simboli riportati nelle tabelle schematiche, è indicativa in ordine alla presumibile rilevanza e probabilità della causa.
Le manifestazioni più frequenti in ordine alle murature esterne comprendono frange umide continue o discontinue alla base muraria, efflorescenze, muffe, alghe, licheni, ecc.
Le manifestazioni più frequenti in ordine alle murature interne comprendono frange umide continue o discontinue alle basi murarie, efflorescenze, muffe, alghe, licheni, macchie di umidità in corrispondenza delle pavimentazioni, ecc.
All’interno degli edifici le manifestazioni umide, in corrispondenza del piano terreno, sono spesso rappresentate da frange umide, continue e discontinue a differenti livelli murari, nonché da scollamenti e distacchi di intonaci, parati, pitture e rivestimenti in genere.
Nei locali interrati le manifestazioni umide più frequenti possono coinvolgere sia le pareti che i soffitti, con degrado e distacco di intonaci e pitture, persistenza di cattivi odori specie in presenza di muffe e così via.
Negli ambienti interni le patologie umide possono manifestarsi sia in corrispondenza dei serramenti, specie se di legno, che, sotto forma di muffe, in corrispondenza e posteriormente ai mobili accostati alle pareti, ecc.
Le osservazioni sin qui proposte possono essere utilmente completate attraverso mappatura dei contenuti ponderali d’acqua, al fine di perfezionare le ipotesi di prima istanza con una interpretazione più ragionata, seppure ancora di tipo prettamente indicativo.
È opportuno ribadire che soltanto il ricorso ad adeguate misure strumentali, nel contesto di piani di verifica diagnostica accuratamente redatti, consente la corretta valutazione delle ipotesi formulabili in prima istanza. Gli elementi schematici, di indirizzo diagnostico, ove utilizzati con la necessaria circospezione, possono agevolare, per valutazione ed esclusione, l’orientamento di un piano di accertamento particolareggiato.
È ancora opportuno sottolineare che il fenomeno della risalita capillare è condizionato dalla effettiva sussistenza di murature di tipo capillare, costituite e/o strutturate con materiali porosi ma non macroporosi; una muratura a sacco discontinua non può certo dare luogo al fenomeno della risalita capillare; al contrario una muratura costituita con materiali compatti, non porosi, può manifestare il fenomeno di risalita attraverso le malte di allettamento.
Il distacco dei rivestimenti esterni può trovare origine da pressioni osmotiche (capillari saturi d’acqua) da subflorescenze (cristallizzazione dei sali solubili a ridosso del rivestimento) da pressioni di vaporizzazione, da decoesione degli strati di supporto (per fenomeni gelivi o per cristallizzazione di sali espansivi).
E’ possibile inserire utilmente ulteriori elementi di valutazione al fine di affinare le ipotesi diagnostiche: la presenza di sali, per esempio, costituisce un indicatore in grado di confortare gli elementi indicanti la possibile presenza di umidità di risalita capillare; la determinazione della presenza quantitativa di sali e del contenuto d’acqua delle murature può portare ad ulteriori perfezionamenti: in presenza di fenomeni di risalita capillare, il valore del contenuto d’acqua è normalmente decrescente, dal basso verso l’alto, mentre il contenuto di sali è crescente, dal basso verso l’alto.
In presenza di situazioni complesse, così come per progettare un protocollo di intervento particolareggiato, può risultare inadeguata o insufficiente la sola determinazione del contenuto ponderale d’acqua nelle strutture, rendendo necessaria una vera e propria campagna di rilevazione della effettiva condizione delle diverse opere murarie.
In questo contesto il rilevamento termografico può rappresentare un ausilio fondamentale, per “fotografare” lo stato di salute della muratura, determinando altresì l’entità delle patologie umide, il livello raggiunto dalle stesse, la temperatura e l’umidità relativa dell’ambiente esterno (aria), le differenze di umidità e temperatura sulle superfici indagate, internamente ed esternamente all’edificio. L’indagine termografica può inoltre fornire preziose informazioni in relazione agli effetti dell’evaporazione e sui gradienti idrici determinati tanto dall’evaporazione che dai movimenti delle masse d’aria, ecc.
Il sesto capitolo del documento, "Umidità: indicazioni di bonifica", fornisce indicazioni in ordine ai possibili rimedi per le patologie umide accennate.
L’umidità di risalita capillare, altrimenti definita anche umidità ascendente, è una condizione patologica delle murature che provoca numerose conseguenze, sia dal punto di vista della degenerazione strutturale che sotto i profili estetici e di vivibilità degli ambienti nei quali il fenomeno si verifica.
È la causa più frequente del degrado umido degli edifici e, nello stesso tempo, la più difficile da combattere ed eliminare, poiché interessa, spesso, i corpi murari connessi con le fondazioni, provocando processi irreversibili di disfacimento degli intonaci e delle malte che legano la muratura.
Il processo di risalita umida si determina quando l’acqua presente nel terreno, in prossimità delle murature e delle strutture di fondazione, penetra nei corpi murari, li impregna e quindi procede verso l’alto, attraverso le tensioni superficiali e capillari, vincendo la forza di gravità.
L’umidità di risalita capillare proviene, in genere, da acque sotterranee (falde freatiche), perdite d’acqua da tubazioni, canalizzazioni, ecc., disperse nel terreno, nonché da acque superficiali o meteoriche, quali i ruscellamenti impropriamente convogliati alle basi murarie. Inoltre, in funzione della natura del terreno, possono cambiare le probabilità che si verifichi il fenomeno della risalita capillare e l’entità della stessa.
A titolo di esempio, un terreno argilloso è caratterizzato da una notevole “attitudine capillare”, oltre a non drenare l’acqua meteorica. Ne consegue che le fondazioni insistenti in terreni argillosi sono costrette al continuo contatto con l’umidità.
I fenomeni di risalita capillare possono manifestarsi in tutte le murature a tessitura capillare, a diretto contatto con l’acqua o con terreni umidi. È opportuno osservare che Il fenomeno può essere reso ancora più complesso dalla presenza di sali che, veicolati dall'acqua, vengono depositati ad altezze diverse a seconda della loro solubilità e del loro peso molecolare. I composti salini, inglobati nelle porosità del materiale, cristallizzandosi, accrescono il loro volume determinando notevoli tensioni interne, spesso prevalenti la resistenza del materiale e quindi con effetti distruttivi.
La risalita capillare dell’acqua deve prevalere sulla forza di gravità. Affinché ciò possa avvenire, si debbono verificare le condizioni essenziali rappresentate dalla presenza dell’acqua e dalla “tessitura capillare” delle murature. I corpi e/o gli involucri murari debbono essere costituiti da materiali porosi ma non macroporosi; una muratura a sacco, discontinua, non può certo dare luogo al fenomeno della risalita capillare; al contrario, in una muratura costituita con materiali compatti, non porosi, può verificarsi la risalita capillare attraverso le malte di allettamento.
In ogni caso, affinché la risalita capillare possa verificarsi, sono necessarie due condizioni essenziali: la presenza di acqua e la “tessitura capillare” del materiale di contatto (A). Se il materiale di contatto non è “capillare”, anche in presenza d’acqua, la risalita umida non può verificarsi (B).
Come è possibile desumere dalle immagini esemplificative riportate, l’umidità di risalita può presentare con differenti aspetti interessando sia collocazioni interne che esterne agli edifici.
La risalita dell’umidità nelle murature degli edifici avviene, prevalentemente per adescamento delle acque sotterranee, con particolare riferimento ai muri spiccato e controterra, attraverso fenomeni di diffusione capillare. L’acqua viene “assorbita” dalla muratura attraverso un processo fisico-chimico che determina il trasporto verso l’alto, dell’acqua stessa, e la sua migrazione verso le superfici dalle quali tende a fuoriuscire e, ove possibile, ad evaporare.
Il meccanismo che determina la risalita, in opposizione alla forza di gravità, è riconducibile a com-plesse interazioni molecolari fra liquidi, solidi e gas, definibili con il termine “capillarità”.
Nella fattispecie il meccanismo capillare, ulteriormente definito nel paragrafo 10, “capillarità e tensione superficiale”, può essere riassunto, per gli scopi delle presenti note, con la particolarità dei tubi e delle porosità di diametro estremamente ridotto, che vedono prevalere le forze di adesione delle molecole d’acqua alle pareti, rispetto alle forze di coesione fra le molecole d’acqua, all’interno del liquido.
La particolarità descritta, ascrivibile alle forze di tensione superficiale, tende a far partecipare all’adesione, la maggior quantità possibile di molecole, determinando l’incurvamento convesso della superficie libera del liquido, e la sua risalita nella microcavità e nella muratura.
L’altezza di “risalita capillare”, in altre parole l’altezza raggiunta dall’acqua nel tessuto murario, è inversamente proporzionale al diametro del “vaso”, o, nelle murature, al diametro delle porosità intercomunicanti. L’altezza di risalita, inoltre, dipende dal tipo di materiale, dallo spessore della muratura, dalle possibilità di evaporazione e dalla velocità dell’evaporazione stessa, nonché dalla collocazione geografica dell’edificio.
Sulla base delle indicazioni teoriche è possibile ottenere, a titolo di esempio, la misura delle risalite capillari in porosità di differente dimensione (raggio), esemplificate in immagine, considerando inoltre che, all’interno dei capillari, l’acqua può essere presente, allo stato liquido, anche per valori di umidità relativa inferiori alla saturazione (U.R. 0 100%). Nell’esempio, il raggio è espresso in nanometri (*), e la risalita capillare in metri.
(*) Il nanometro è un'unità di misura di lunghezza, corrispondente a 10-9 metri (cioè un miliardesimo di metro, pari ad un milionesimo di millimetro). Più in generale "nano" è un prefisso che moltiplica per un fattore 10-9 l'unità di misura a cui è applicato (equivalente a dividere per un miliardo).
In altri termini, l’umidità contenuta nel sottosuolo o di provenienza accidentale, può raggiungere e percorrere i tessuti murari più o meno velocemente in funzione del grado e del tipo di porosità (oltre che dalla quantità d'acqua contenuta nel suolo e dai processi di evaporazione che interessano le superfici murarie) del materiale che costituisce il paramento.
Il fluido risale i canalicoli per le forze di tensione superficiale, fenomeno, questo, contrastato dalla forza di gravità. Il processo di risalita per capillarità dell'acqua, specie se satura di sali, è continuo e, come indicato nel paragrafo 8, influenzato e reso più complesso, dalla presenza degli stessi sali disciolti.
È opportuno premettere che, laddove si riscontrino fenomeni di umidità ascrivibili alla risalita capillare, è necessario verificare se l’acqua risalente, sotto forma di umidità, proviene da fonti inesauribili quali le falde freatiche, oppure da ristagni di acqua piovana o da perdite delle reti idriche. Il degrado determinato dalle fonti inesauribili infatti, è generalmente imponente ed omogeneamente distribuito.
La localizzazione dell'umidità derivante dal sottosuolo è limitata ai piani bassi ed interrati, interessando le pareti sotto al livello del suolo, i pavimenti del piano terra e dei locali sotterranei, con particolari aspetti di criticità in corrispondenza delle connessioni fra le strutture verticali ed orizzontali.
Le efflorescenze saline costituiscono un importante indicatore della possibile presenza di umidità di risalita capillare. In questi casi, gli ulteriori indizi sono rappresentati dal contenuto di umidità decrescente verso l’alto, accompagnato da contenuti salini crescenti, sempre verso l’alto, sino all’altezza di evaporazione.
L’umidità di risalita è spesso caratterizzata da sintomi specifici quali:
6.1 - frange continue, o discontinue, scure, risalenti dal piano pavimento verso l'alto della parete;
6.2 - linee marcate di separazione fra le zone umide e quelle asciutte;
6.3 - persistenza delle manifestazioni interne all’edificio, senza variazioni sostanziali d’intensità o d’aspetto, con il variare delle condizioni esterne;
6.4 - Insorgenze biodeteriogene (comparsa di muffe);
6.5 - Riduzioni della coibenza delle pareti bagnate con conseguenti dispersioni di calore;
6.6 - Comparsa di condensazioni conseguenti al meccanismo della “parete fredda”;
6.7 - Distacchi degli strati superficiali di intonaci, pitture, rivestimenti, laterizi, ecc., determinati dalla formazione di cristalli salini;
6.8 - Decadimenti sostanziali della salubrità;
I danni accennati possono essere significativamente accentuati da trattamenti impermeabilizzanti convenzionali che, occludendo le microporosità, impediscono la necessaria migrazione del vapore attraverso le strutture murarie.
La presenza di muffe nerastre, nelle parti alte, per esempio su angoli dei soffitti, in prossimità di finestre e porte non è una conseguenza diretta dell’umidità di risalita eventualmente presente nel muro, ma è determinata da fenomeni di condensazione interna causati, fra l’altro, da differenze termiche fra l’aria ambientale e le pareti murarie.
La risalita umida, nelle murature, a parità di spessore, è influenzata dall’esposizione, intesa come possibilità di evaporazione, così come è possibile evincere dall’immagine (PM1), desunta dalla pubblicazione “Risanamento igienico dei locali umidi” di G. e I. Massari (Hoepli). L’umidità di risalita 1, riferita, a titolo di esempio, ad un pilastro isolato, può raggiungere valori compresi fra 1,5 e 2, nel caso di un muro perimetrale (con una sola faccia esposta all’evaporazione), e valori compresi fra 2 e 5, nel caso di muri interni (di spina) caratterizzati da condizioni di evaporazione ancora più sfavorevoli). A parità di condizioni, le maggiori rilevanze umide si manifestano in corrispondenza del muro di maggior spessore, come è possibile constatare nello schema indicativo (PM2), desunto dalla pubblicazione già citata in precedenza.
L’immagine PM3, desunta dalla pubblicazione citata, illustra come nei processi di risalita capillare l’umidità si mantenga “ascendente” sinché è sostenuta da una colonna capillare “continua”, collegata con la fonte d’acqua alla base (A). Quando questa continuità viene a mancare, torna prevalente la forza di gravità ed il flusso umido diviene “discendente" (B). Il caso esemplificato è rappresentativo di quanto avviene a seguito della costruzione di barriere chimiche orizzontali efficaci.
In presenza di depositi salini accentuati che attingono vapore dall’aria, possono permanere fasce umide negli intonaci, interposte fra zone asciutte soprastanti e sottostanti, anche quando le cause di risalita sono state rimosse.
Differenti valori di assorbimento possono svolgere ruoli accentuati in presenza di ridotti tassi di umidità, mentre l’incidenza degli stessi si riduce in presenza di tassi umidi più elevati.
L'acqua può trasportare in soluzione anche un certo quantitativo di sali idrosolubili. La muratura, durante il processo di "aspirazione" che origina la risalita dell'acqua, viene quindi "invasa" anche da sostanze saline, disciolte nell’acqua contenuta nei capillari.
Quando l'acqua arriva in superficie ed evapora, i sali cristallizzano; quando la cristallizzazione avviene in superficie determina la formazione di macchie bianche visibili, spesso definite “efflorescenze”, se avviene invece fra muro e rivestimento, la pressione di cristallizzazione dei sali può causare stati tensionali in grado di prevalere sulla resistenza dei materiali.
Talvolta può essere sufficiente una giornata umida per far si che i sali, fortemente igroscopici, attirino il vapore acqueo atmosferico, fuoriuscendo sulle superfici degli intonaci, formando aloni visibili con sfarinamento delle pitture. Un’altra negativa peculiarità dei sali è data dalla possibilità degli stessi, di mantenere la muratura in costanza di umidità, anche in assenza dei fenomeni di risalita che hanno attivato il processo.
Ogni molecola esercita una determinata “attrazione” sulle molecole vicine. Questa attrazione è particolarmente “forte” fra molecole uguali: un pezzo d’acciaio non si sbriciola nemmeno se sottoposto a sollecitazioni fortissime, così come una goccia d’acqua può “pendere a lungo” dal rubinetto, prima di cadere. Il fenomeno è definito con il termine “coesione”, dal latino co- (insieme) e haereo- (restare attaccato). Anche molecole di sostanze diverse si attraggono fra di loro: la vernice si attacca ai supporti, la calce al mattone, e così via.
Fra le molecole d’acqua, presenti in un tubo, si ha certamente coesione, ma, le molecole prossime alle pareti, sono coinvolte anche in un meccanismo di adesione alle pareti stesse. Poiché l’adesione che si sviluppa è più “forte” della coesione, quando l’acqua raggiunge le pareti del tubo, si verifica un “incurvamento” atto a favorire la maggior partecipazione quantitativa delle molecole al fenomeno dell’adesione.
In un tubo “stretto”, per esempio con diametro di cm 1, la curvatura della superficie libera origina una configurazione a coppa, con evidente rialzo ai bordi, assimilabile ad una mezzaluna, definita con il termine “menisco” dal greco meniscos (lunetta).
Quando la dimensione del tubo, o della porosità, è molto ridotta, la prevalenza della coesione sull’adesione è tale da determinare non solo l’incurvamento ma anche la risalita dell’acqua, a dispetto della forza di gravità.
Nei tubi e nei canalicoli di sezione ridottissima, sottili come un capello (dal latino capillus), o anche più sottili, il fenomeno di ragguardevole valenza è definito con il termine “capillarità”
A titolo di esempio, immergendo un pezzo di carta assorbente nell’acqua questa “salirà” nella carta stessa, aderendo alle pareti dei sottilissimi interstizi posti fra le fibre di cellulosa intrecciate. Analogamente, l’acqua sale “per capillarità”, lungo i sottili “tubicini” che percorrono i tronchi ed i rami degli alberi, raggiungendo, in alcuni casi altezze ragguardevoli (un centinaio di metri), attraverso un meccanismo che può essere considerato una vera e propria “pompa”.
La comparsa di macchie, muffe e localizzazioni umide su pareti e pavimenti è un evento tutt’altro che infrequente e deve essere considerato, con sufficiente attendibilità, come la sintomatologia superficiale di problemi più profondi, connessi con un elevato tasso di umidità all’interno delle strutture murarie e/o dell’ambiente, spesso accompagnato da carenze di isolamento e da inadeguate misure di areazione e ricambio dell’aria negli ambienti.
In taluni casi è possibile intervenire con prodotti e metodi “leggeri” volti a ridurre l’entità delle manifestazioni con provvedimenti di bonifica degli insediamenti (muffe ecc.) e di riduzione puntuale delle carenze di isolamento termico delle aree interessate.
Si tratta di provvedimenti che pur operando sugli effetti, piuttosto che sulle cause, come sarebbe più opportuno, possono apportare miglioramenti anche significativi delle rilevanze e delle conseguenze di degrado, specie se vengono coadiuvati da opportuni adeguamenti dell’areazione interna.
Fermo restando che i fenomeni in esame sono sempre riconducibili, in misura diretta o indiretta, all’umidità, il conseguimento di una bonifica radicale richiede però magisteri specifici indirizzati alla concreta rimozione di cause che, per essere convenientemente affrontate, debbono essere riconosciute ed individuate.
L’acqua può invadere le strutture e gli edifici, attraverso differenti percorsi, interni e esterni agli edifici stessi.
Le modalità “classiche” di “invasione umida” sono riconducibili ai 4 schemi fondamentali che costituiscono la base di partenza, sia per l’interpretazione diagnostica che per i protocolli di bonifica.
L’umidità di condensazione, derivante dalla presenza di incorrettezze inerenti l’isolamento termico e/o di inadeguata aerazione dei volumi abitativi, si accompagna spesso, al manifestarsi di insediamenti biodeteriogeni quali muffe, alghe, ecc. La verifica, dell’eventuale sussistenza delle condizioni richiamate, costituisce quindi una buona pratica di accertamento preliminare. Anche la presenza di muffe nere nelle parti alte degli ambienti abitativi, per esempio sugli angoli dei soffitti, vicino a finestre e porte, è infatti ascrivibile a fenomeni di condensazione per differenza termica tra l'aria ed il muro e non a fenomeni di risalita come spesso, erroneamente, viene interpretata. In ogni caso, l’osservazione accurata può fornire indicazioni utili per “interpretare”, in prima istanza, le manifestazioni umide, sulla base della “geografia” caratteristica delle macchie e delle rilevanze, richiamata nel capitolo 2, ”Umidità: lettura degli indizi”.
A solo titolo indicativo può essere utile considerare che, in genere, la condensazione si manifesta su pareti rivolte a nord, non adeguatamente isolate, laddove esistono “ponti termici”, in corrispondenza di elementi a più elevata conducibilità termica inseriti in un’opera muraria (pilastri in cemento armato elementi strutturali metallici, ecc.), all’intersezione di due pareti verticali e così via, a causa di:
03.A - Insufficiente ricambio d’aria negli ambienti, rispetto alle quantità di vapore acqueo normalmente prodotto.
03.B - Inadeguato isolamento termico delle pareti, specie se esposte a nord, interrate, o al piano terra, con umidità di risalita capillare.
03.C - Serramenti eccessivamente ermetici con inadeguati provvedimenti di areazione.
03.D - Ponti termici causati da differenti morfologie e/o materiali presenti nelle murature.
03.E - Eccessiva copertura delle pareti perimetrali, da parte di mobili ingombranti.
03.F - Solette in cemento armato direttamente esposte all’esterno: d’inverno trasmettono il calore dall’interno all’esterno, mentre d’estate dall’esterno all’interno.
03.G - Ponti termici “geometrici” costituiti dagli angoli degli edifici, sui quali si accumula la condensa, in assenza di appropriati isolamenti puntuali.
Il manifestarsi dell’umidità di condensazione può essere considerato, semplificando, come un fenomeno essenzialmente termico, connesso con la legge fisica che stabilisce che la quantità d’acqua, che può essere contenuta nell’aria allo stato di vapore, diminuisce con il diminuire della temperatura. Il fenomeno può quindi caratterizzarsi con un andamento discontinuo, strettamente dipendente dalle variazioni meteorologiche locali (del momento, dal periodo stagionale). In pratica in un edificio la condensazione avviene quando l’aria si raffredda, più o meno bruscamente al contatto con una superficie più fredda delle altre (il vetro di una finestra, una parete esposta a nord, una trave o un pilastro in calcestruzzo a filo intonaco, ecc.).
Nella sequenza di generazione dell’umidità di condensazione, sopra richiamata, la condizione stabile, riportata (1), viene alterata, dai gradienti termici e di U.R. (2 e 3). Si determinano le condizioni per la formazione della “condensa” e l’insorgere delle muffe (2). I provvedimenti di areazione-ventilazione (4), possono ridurne l’incidenza, sino a ripristinare le condizioni di stabilità.
Umidità relativa: indica la percentuale di aria che è saturata con vapore acqueo, ossia quale percentuale di vapore acqueo rispetto al massimo possibile è contenuta nell'aria in esame. Il tutto riferito a determinate condizioni di temperatura e pressione.
Umidità assoluta: peso di acqua contenuto in un metro cubo di miscela aria-vapore acqueo.
Rapporto di miscelazione: rappresenta l'umidità assoluta riferita a kg 1 di aria secca.
Pressione parziale vapore: secondo la legge di Dalton la pressione totale di una miscela di gas è uguale alla somma delle pressioni che i singoli componenti gassosi eserciterebbero se occupassero da soli l'intero volume della miscela. Il contributo individuale di ogni componente alla pressione totale della miscela è detto pressione parziale: la pressione parziale dovuta alle molecole di acqua costituisce la pressione del vapor acqueo. Se la percentuale di vapor acqueo nell'atmosfera aumenta, aumenta proporzionalmente anche la pressione del vapore. Quindi, la pressione del vapore è una misura esatta della quantità di vapore nell'aria.
Pressione del vapore di saturazione: l'aria non può contenere più di una certa quantità di vapore acqueo, detta pressione del vapore di saturazione, definita come grammi di vapore acqueo per kg di aria umida. Questo parametro dipende dalla temperatura dell'aria: è basso a basse temperature e alto ad alte temperature.
Punto di rugiada (dew point): è la temperatura alla quale l’umidità relativa è 100%, cioè è la temperatura al di sotto della quale tutto il vapore acqueo della miscela si trasforma in goccioline di acqua (a parità di altre condizioni).
L’acqua in natura si presenta allo stato solido, liquido e gassoso. Il processo che genera il passaggio da uno stato all’altro è strettamente determinato dalla temperatura. Con temperature basse (inferiori a zero gradi centigradi) l’acqua solidifica, quando viene riscaldata, evapora diventando gas nell’aria. Il procedimento inverso, cioè il passaggio dallo stato gassoso allo stato liquido, è detto condensazione.
Nell’ambiente è sempre presente una quantità di vapor d’acqua, usualmente definita “aria umida”. La quantità di acqua presente nell’aria sotto forma di vapore, apparentemente piuttosto ridotta, non può comunque essere trascurata.
Una massa unitaria d’aria può contenere sino ad una certa quantità d’acqua, in forma di vapore. Questa “capacità” prende il nome di “umidità assoluta” (chilogrammi di vapore acqueo in 1 chilogrammo d’aria asciutta) ed è caratterizzata da un valore massimo, detto “di saturazione” che è funzione crescente della temperatura dell’aria.
Anche la quantità di acqua, sotto forma di vapore acqueo, che può essere contenuta nell’atmosfera è correlata con la temperatura. Più l’aria è calda, maggiore è la sua capacità di contenere il vapore. L’aria fredda ha, invece, una limitata capacità di ritenere umidità ed è per lo più secca. Nella tabella sopra riportata sono indicate le quantità di vapore acqueo contenibili in un metro cubo d’aria, intese come quantità di saturazione. Se la quantità di saturazione viene superata, l’aria scarica la quantità eccedente sotto forma di goccioline di acqua allo stato liquido che “condensa” depositandosi sulle pareti, sui vetri e sugli oggetti che si trovano nell’ambiente.
L’umidità assoluta, intesa come quantità d’acqua contenuta in un determinato volume d’aria, non è rappresentativa delle condizioni reali poiché non considera le condizioni di temperatura dell’aria: con la stessa quantità di vapor d’acqua infatti, l’aria calda (per esempio a 40 ° C) può raggiungere valori di umidità molto bassi mentre l’aria fredda (per esempio a 10 ° C) può sicuramente condurre alla saturazione di parte del vapore. Questo perché l’aria calda ha una maggiore capacità di assorbire acqua sotto forma di vapore rispetto all’aria fredda.
Unitamente alla misura dell’umidità assoluta, è necessario considerare la misura dell’umidità relativa, che rappresenta la quantità d’acqua, in un determinato volume d’aria, riferita alla massima quantità di acqua che quell’aria può trattenere a quella temperatura. La condizione di umidità relativa del 100% rappresenta la condizione di saturazione del vapore contenuta in quella determinata quantità d’aria (a quella temperatura). Un metro cubo di aria in condizioni di saturazione a 10 °C contiene circa 10 grammi d’acqua, a 20 °C ne contiene circa 17 grammi.
La temperatura a cui vengono raggiunte le condizioni di saturazione ed ha luogo la condensazione è definita con il termine “punto di rugiada” o “temperatura di rugiada”, che viene calcolata sulla base del diagramma di Mollier, di seguito riportato a livello indicativo. In altri termini, un determinato abbassamento della temperatura porta l’aria umida in uno stato instabile, nel quale sussiste un eccesso di vapore. La condensazione rappresenta il conseguimento di un nuovo stato di equilibrio attraverso il passaggio, dallo stato gassoso allo stato liquido, della massa di vapore che eccede il limite ammissibile determinato dalla nuova condizione termica. La condensazione si verifica a contatto con superfici “fredde” che, come tali, hanno una temperatura inferiore rispetto alla temperatura di rugiada.
Diagramma psicrometrico: ogni punto del grafico rappresenta una determinata condizione di umidità relativa, umidità assoluta e temperatura. Dal diagramma si vede come partendo dalle condizioni indicate dalla legge (condizioni standard 65%UR e 20°C) si interseca la linea corrispondente a UR 80% per una temperatura di circa 16°C e quella di UR 100% di circa 13°C. Queste rappresentano rispettivamente le due soglie critiche alle quali si verifica il rischio di formazione di muffa e di condensazione.
Diagramma di Mollier: la temperatura di rugiada viene determinata leggendo l’intersezione fra la curva di saturazione e la retta che rappresenta una trasformazione a titolo costante, a partire dalle condizioni di temperatura ed umidità dell’ambiente considerato.
Per ogni valore di umidità specifica ad un aumento di temperatura corrisponde una diminuzione dell’umidità relativa e viceversa. Per esempio considerando un ambiente con una umidità specifica di 10 g/kg, a 20°C l’umidità relativa corrispondente risulta circa il 70%. Se la temperatura aumenta a 30 °C la quantità di vapor d’acqua effettivamente presente resta costante, ma aumenta invece la quantità di vapore acqueo tollerato nell’aria a quella temperatura in condizioni di saturazione.
Ne consegue una diminuzione dell’umidità relativa (rapporto tra il vapore esistente e quello tollerabile) che in questo caso scende a circa il 40%.
Se invece di un aumento di temperatura si verificasse una diminuzione, il tasso di umidità relativa aumenterebbe di conseguenza. In quest’ultimo caso si potrebbe addirittura raggiungere condizione di saturazione con conseguente condensa del vapore in eccesso. La temperatura a cui ciò si verifica è definita temperatura di rugiada. La condensa si localizza sulle superfici degli oggetti o sulle pareti dell’ambiente che possono venire a trovarsi a tale temperatura (pareti fredde, ecc).
All’esterno degli edifici l’umidità relativa varia con il variare dalle condizioni meteorologiche; in genere, nei nostri climi si assumono, per l’esecuzione dei calcoli, valori medi valutabili tra il 50 % e il 90%. Negli ambienti interni l’umidità relativa è teoricamente uguale a quella esterna, ma, nella realtà pratica, la presenza di persone produce un aumento di umidità determinato dalle attività fisiologiche (respirazione, sudorazione) e da quelle funzionali (preparazione degli alimenti, lavaggio di stoviglie, lavaggio e asciugatura di abiti, igiene personale, ecc). Per mantenere un livello di umidità relativa confortevole (intorno al 50%) l’umidità relativa eccedente deve essere considerata come acqua da smaltire, per equilibrare la produzione interna di vapore, poiché la quantità effettivamente smaltibile per diffusione (traspirazione), attraverso gli involucri murari, è in genere piuttosto modesta.
Per questo motivo è importante che le superfici interne (muri, solai, pavimenti) siano “capaci di assorbire” il più possibile l’umidità dell’aria per restituirla in un secondo tempo nell’ambiente. Affinché questa regolazione “igrometrica” resti intatta è necessario che le superfici non vengano trattate con pitture che ne riducano la capacità di traspirazione e la permeabilità al vapore. La caratteristica di traspirazione delle superfici interne è molto importante anche per compensare i picchi di umidità. Una parete in calcestruzzo, per esempio, assorbe molto meno di una lastra di gesso, mentre il legno può assorbire ancora più del gesso. Quando la temperatura delle pareti e/o delle superfici interessate da ponti termici è inferiore alla temperatura di rugiada dell’aria interna si verifica la condensazione.
Una soletta di cemento che giunge, senza interruzione, sino all'esterno dell’edificio, si comporta come un'aletta di raffreddamento: d'inverno conduce calore verso l'esterno e d'estate dall'esterno verso l'interno. Si tratta di un classico “ponte termico” spesso presente nelle costruzioni. Altri esempi, non immediatamente identificabili, sono rappresentati dagli angoli degli edifici (ponti termici geometrici), sui quali si possono verificare depositi di umidità, muffe, ecc. La presenza di ponti termici rende necessari interventi di isolamento supplementare.
La condensazione superficiale si verifica quando la temperatura sulla superficie interna della parete scende al di sotto della temperatura di rugiada, in concomitanza con la presenza di elevati valori di umidità relativa dell’aria interna, mentre la condensazione interstiziale si manifesta all’interno della parete, con il verificarsi delle condizioni schematizzate nell’immagine riportata a destra.
Proviene dal processo di respirazione degli abitanti, dalla “produzione" di vapore di cucine e bagni, dalla restituzione dell’acqua da parte dei muri e si manifesta in modo evidente sulle superfici, quando la ventilazione ambientale è carente o incorretta ed in modo occulto nel corpo murario, quando sono presenti incorrettezze di isolamento.
Ventilare efficacemente un ambiente abitativo è una necessità spesso sottovalutata. Si tende infatti a trascurarne l’importanza, intervenendo solo quando sulle pareti compaiono le prime macchie scure che annunciano la presenza e lo sviluppo di muffe. In altre parole, gli ambienti abitativi vengono spesso arieggiati in modo insufficiente ed irrazionale.
Per ridurre i problemi causati dall’accumulo di umidità, limitare il rischio della comparsa di muffe e migliorare il comfort abitativo è necessario effettuare quotidianamente e ove possibile più volte, il ricambio dell’aria tenendo completamente aperte le finestre di ciascun ambiente, per almeno 5/10 minuti. In questo modo l’aria satura, il vapore e l’umidità, escono in misura conveniente, senza significative dispersioni di calore, evitando l’eccessivo raffreddamento di mobili e pareti. Per situazioni particolarmente gravi (patologiche) che possono essere individuate strumentalmente, il provvedimento descritto può rivelarsi insufficiente. In questi casi è necessario ricorrere a sistemi di areazione adeguati all’effettiva severità del problema.
In linea di massima, nelle abitazioni, il ricambio d’aria necessario deve risultare prossimo ad almeno metà del volume d’aria, contenuta nell’ambiente, ogni ora (n = 0,5 V/h). Il ricambio citato, che dovrebbe essere garantito naturalmente, può essere conseguito anche con appositi dispositivi. Sono invece frequenti i casi in cui i valori effettivi risultano drasticamente inferiori a quelli raccomandati, spesso in concomitanza con murature non traspiranti, serramenti ermetici mantenuti tali troppo a lungo e in qualche caso, con incorrettezze progettuali o di esecuzione.
“Gli ambienti devono essere progettati e realizzati in modo da limitare, al minimo tecnico, le concentrazioni di sostanze inquinanti e di vapore acqueo, ovvero di portare le concentrazioni ad un livello tale da non costituire rischio per la salute degli esseri viventi che vi dimorano e tali da assicurare la buona conservazione delle cose e degli elementi costitutivi degli ambienti stessi. Negli ambienti devono essere altresì impedite l’immissione, il reflusso o la mutua diffusione di aria viziata, inquinanti o esalazioni in genere, prodotti all'esterno o al loro stesso interno”.
Le indicazioni legislative riassunte, richiamate nel paragrafo 12, sono spesso disattese per incorrettezze concettuali e inadempienze esecutive comprendenti:
10.A - Inadeguato isolamento dei ponti termici, tenuto conto del fatto l’effetto del “ponte termico” può risultare più accentuato quanto più i componenti di contorno sono termicamente isolati;
10.B - Imprecisa valutazione delle caratteristiche di conducibilità dei materiali impiegati rispetto alle reali condizioni di esercizio;
10.C - Spessore insufficiente delle pareti;
10.D - Utilizzo di serramenti ad elevata ermeticità in carenza di dispositivo o metodi per il ricambio dell’aria (aperture appositamente predisposte, impianti di ventilazione, ecc);
10.E - Incorretta messa in opera dei sistemi di isolamento;
10.F - Spessore dei presidi isolanti inferiori a quelli previsti in progetto e/o contemplati dalle normative vigenti;
10.G - Utilizzo di materiali isolanti degradabili nel tempo;
10.H - Impiego di rivestimenti plastici esterni, non traspiranti, con conseguente inibizione degli scambi igrometrici;
10.I - Errata valutazione delle necessità di prosciugamento dei corpi murari rispetto ai tempi di successivo rivestimento degli stessi;
10.L - Ricorso a tipologie di parete non correttamente valutate, in termini di possibile condensazione interstiziale, con conseguente decadimento delle aspettative di isolamento termico.
Il perdurare dell’umidità di condensazione può compromettere, anche in modo decisivo, la durabilità delle opere interessate e la vivibilità degli ambienti confinati. In generale il danneggiamento delle pareti dovuto a fenomeni di condensazione può comportare:
11.A - la presenza di acqua di condensazione sulla superfici interne;
11.B - la migrazione dei sali eventualmente presenti all’interno dei materiali che compongono la struttura e la conseguente comparsa di efflorescenze;
11.C - la crescita di colonie fungine;
11.D - il danneggiamento degli intonaci;
11.E - l’imputridimento di eventuali manufatti lignei;
11.F - la riduzione del grado di isolamento termico.
Nella tabella che segue vengono elencate le possibilità di intervento più comuni da adottare singolarmente o in coazione, in funzione dell’effettiva necessità di bonifica. Ulteriori informazioni sono rimandate al capitolo 6, “Umidità, indicazioni di bonifica”.
La legge 10/91, con i relativi decreti attuativi ed i successivi aggiornamenti, definisce le prescrizioni inerenti il risparmio energetico, ed il comfort abitativo, ivi comprese le valutazioni termoigrometriche per evitare il fenomeno della condensazione. In particolare, il D.M. 13/12/1993, attinente la redazione della relazione tecnica contemplata nell’articolo 28 della Legge 09/01/91, prescrive l’accertamento dell’assenza di fenomeni di condensa interstiziale dei componenti opachi (tetto, pareti perimetrali, androni, ecc.). Per questa verifica è previsto il ricorso al Diagramma di Glaser, sulla base dei dati di input rappresentati dallo spessore, dalla conduttività termica e dalla permeabilità al vapore degli strati componenti, nelle condizioni igrometriche sia invernali che estive.
L’umidità di infiltrazione è da ricondurre all’acqua delle precipitazioni (pioggia, neve) che pe-netra nelle murature per infiltrazione diretta, attraverso le macroporosità, le porosità, le fessure, le carpenterie, ecc. Può inoltre verificarsi per infiltrazione dell’acqua piovana risorgente (rimbalzante) in terreni rigidi, così come può formarsi attraverso impedimenti del corretto scambio igrometrico delle murature.
In altri termini, l’umidità di infiltrazione è quasi sempre ascrivibile alla pioggia, non adeguatamente governata dalle coperture e/o controllata da efficienti sistemi di smaltimento delle acque meteoriche, che penetra, in diversa misura e con varie modalità, nelle murature, specie in corrispondenza di fessurazioni e di connessioni strutturali.
Le discontinuità, così come le incorrettezze intrinseche di qualsiasi natura ed origine (porosità, permeabilità, ritiro plastico, invecchiamento, deformazioni, ecc.), costituiscono le via d’accesso preferenziali per l’umidità di infiltrazione e permeazione.
Con il termine porometria si definisce la ripartizione dei pori aperti di un materiale in funzione della loro dimensione (più i pori sono fini, più il materiale ha la capacità di assorbire acqua). La porosità varia a seconda dei materiali: per i marmi e i graniti, ad esempio, è vicina allo 0% e può raggiungere il 40% per i calcari teneri. In presenza d’acqua le principali cause di degrado dei materiali porosi sono il gelo e la cristallizzazione dei sali.
La porosità è convenzionalmente distinta in porosità aperta, porosità chiusa e porosità interconnessa. I pori chiusi non comunicano tra loro, non permettono la circolazione dell’acqua e quindi non sono coinvolti nel fenomeno dell’assorbimento capillare. I materiali a porosità chiusa sono quindi normalmente impermeabili. Nel caso della porosità aperta i pori comunicano tra loro attraverso i capillari che favoriscono la circolazione dell’acqua, inoltre quanto maggiore sarà la porosità aperta di un materiale tanto più sarà grande la sua capacità di assorbimento dell’acqua.
Tra i numerosi parametri che governano il comportamento chimico-fisico e meccanico delle murature, anche sotto il profilo della possibile motilità dell’acqua di infiltrazione, la porosità, orientativamente desumibile dal coefficiente di imbibizione per immersione, rappresenta un parametro fondamentale.
La malta, i laterizi ed altri tipi di pietre (tufi, calcari teneri) sono materiali a porosità aperta cioè i loro pori sono comunicanti per mezzo di canali capillari; questi formano una rete di “canalicoli” molto fini che favoriscono la penetrazione dell’acqua. Il fenomeno è esaltato dalla presenza di sali e dalle basse temperature.
A parità di porosità totale, un materiale è meno resistente (per esempio al gelo ed agli aggressivi atmosferici e chimici) quanto più piccole sono le dimensioni dei pori. La misura della porosità relativa risulta facile in quanto basta prendere un campione di materiale secco, pesarlo e immergerlo in acqua sino a saturazione. La differenza tra il peso precedente all’immersione e quello successivo rappresenta il volume dei vuoti accessibili.
Logicamente il volume dei vuoti accessibili è inferiore al numero dei vuoti totali, proprio perché i pori chiusi non vengono raggiunti dall’acqua. In generale tutti i materiali da costruzione sono porosi con percentuali in volume dei vacui variabile: nei laterizi può arrivare al 25-30%, mentre nelle malte si va dal 5% al 25% circa (Massari G., Massari I., 1992). E’ quindi possibile che per ogni metro cubo di muratura in mattoni vengono trattenuti anche 300 litri di acqua. Naturalmente in una muratura costituita da diversi materiali (laterizi, ciottoli, malte di allettamento), il livello di penetrazione dell’acqua sarà strettamente legato alle caratteristiche di ciascuno di essi.
La possibilità di modificare l’attitudine di una superficie “ad essere bagnata”, rappresenta uno strumento di possibile bonifica della quantità e delle conseguenze dell’umidità di infiltrazione.
Per questo motivo l’angolo di contatto di un liquido con un solido viene utilizzato, convenzionalmente, come indice di bagnabilità.
La protezione delle superfici esterne degli edifici è diventata una necessità non soltanto per gli aspetti inerenti l’umidità ma anche per una conservazione accettabile delle murature come tali.
Il fenomeno di acidificazione delle piogge, meglio noto con il termine “piogge acide”, dovuto alla trasformazione, in presenza di acqua, dell’anidride solforosa (SO2) in acido solforico, degli ossidi di azoto (NO2-NO3) in acido nitrico e dell’anidride carbonica (CO2) in acido carbonico, in origine connesso ai soli elementi naturali, seppure eccezionali (vulcani, incendi, ecc.) ha subito considerevole amplificazione con il progredire dell’industrializzazione.
L’acqua delle precipitazioni meteoriche, un tempo prossima al neutro, si è quindi trasformata in apportatrice di acidità (nel territorio nazionale, alla fine degli anni 80, sono stati riscontrati valori inferiori a pH 4), in grado di determinare la dissoluzione dei calcari in genere quali il marmo, le arenarie, gli intonaci ed i conglomerati, attraverso i meccanismi più avanti esemplificati.
L’ossidazione dell’anidride solforosa (SO2) determina la formazione di anidride solforica (SO3) che, per reazione con l’acqua piovana o di condensazione, presente sulle superfici, porta alla formazione di acido solforico (H2SO4) che corrode il carbonato di calcio, trasformandolo in gesso (CaSO4.2H2O). Il successivo dilavamento delle superfici, comporta ulteriori perdite di materiale attivando nuovi e più profondi processi degenerativi.
Ne conseguono fenomeni di cristallizzazione e ricristallizzazione, rigonfiamenti, variazioni ed alternanze volumetriche, incrementi della solubilità, della porosità, della perdita di matrice legante, e così via. In termini semplificati è possibile affermare che le piogge acide possono aggredire i materiali esposti alle precipitazioni meteoriche, con un duplice meccanismo, capace purtroppo, di autoalimentarsi, attraverso:
Le patologie accennate ed altre inerenti il degrado dei manufatti calcarei, sono definite nella Raccomandazione “Normal 1/85”.
Gli interventi, più diffusamente descritti nel capitolo 6 "Umidità - indicazioni di bonifica", debbono contemplare la colmatura sigillante delle fessure, delle fughe e delle discontinuità in genere, nonché il conseguimento di una elevata efficacia idrorepellente, waterproofing ed autolavante, delle superfici, attraverso prodotti non pellicolari, in grado di conservare immutate le caratteristiche originarie, in termini di capacità traspirante, aspetto e tessitura. Gli interventi accennati sono da realizzare congiuntamente, o meno, in funzione delle esigenze effettive, da valutare caso per caso.
Gli interventi di bonifica e risanamento delle differenti cause delle patologie umide, descritte nel capitolo 1 “Umidità, origini e patologie”, schematizzabili nelle 4 tipologie richiamate in figura, costituiscono l’argomento della presente analisi, informata alla consapevolezza che ogni intervento per proteggere o bonificare i materiali di costruzione da processi degenerativi deve essere preceduto da uno studio esauriente delle cause di alterazione e da controlli in itinere sull’efficacia dei provvedimenti adottati.
Interventi “casuali”, non sufficientemente meditati, oltre a risultare inefficaci, possono persino causare ulteriori danni, spesso irreversibili o difficilmente rimediabili. A solo titolo di esempio si richiamano le conseguenze di trattamenti impermeabilizzanti convenzionali, non necessari o comunque inadeguati, che determinando l’occlusione delle microporosità e impediscono la necessaria migrazione del vapore attraverso le strutture murarie.
I successivi paragrafi sono orientati sulle possibilità offerte dal programma AZICHEM, di risanamento dall’umidità, un sistema completo e “maggiorenne” (l’età media “applicativa” dei prodotti è di oltre 25 anni!) basato su prodotti specificatamente progettati e coordinati.
Le raccomandazioni proposte dal documento “L’humiditè dans les batiment”, dell’Agenzia Nazionale Francese per il miglioramento dell’abitare, spesso assunto come traccia utile, coerente e collaudata, per muoversi all’interno dell’umidità negli edifici, costituiscono un appunto certamente utile.
(A): L’impiego acritico di sistemi impermeabilizzanti nella deumidificazione, porta spesso a risultati negativi con accentuazione delle patologie: in condizioni normali di evaporazione infatti, l’altezza dell’umidità di risalita è variabile nell’intervallo compreso fra 2 e 5 volte lo spessore murario, mentre in presenza di rivestimenti non adeguatamente traspiranti l’altezza può raggiungere livelli di circa 10 volte, rispetto allo spessore;
(B): Nella bonifica dei locali umidi la corretta “ventilazione” è un presupposto indispensabile: nei locali interrati può essere necessario il ricorso a sistemi di ventilazione orientata o forzata.
(C): La crescita di vegetazione, spontanea o meno, sulle superfici murarie, deve essere tenuta “sotto controllo” poiché gli insediamenti possono innescare o accentuare fenomeni patologici di differente natura, umidità compresa.
Il processo di risalita umida si verifica quando l’acqua presente nel terreno, in prossimità delle murature e delle strutture di fondazione penetra nei corpi murari, li impregna e quindi procede verso l’alto, attraverso le tensioni superficiali e capillari, vincendo la forza di gravità. Affinché ciò possa avvenire, si debbono verificare le condizioni essenziali rappresentate dalla presenza dell’acqua e dalla “tessitura capillare” delle murature (i corpi e/o gli involucri murari debbono essere costituiti da materiali porosi ma non macroporosi); una muratura a sacco discontinua non può certo dare luogo al fenomeno della risalita capillare; al contrario, in una muratura costituita con materiali compatti, non porosi, può verificarsi la risalita capillare attraverso le malte di allettamento.
Nella valutazione delle modalità di intervento è necessario considerare come l'acqua, che determina l’umidità di risalita capillare, possa trasportare, in soluzione, anche sali idrosolubili. L’acqua di risalita capillare viene "aspirata", attraverso un processo fisico chimico che origina il trasporto dell’acqua stessa fino alla superficie della muratura, dalla quale fuoriesce, in seguito, per evaporazione (sia verso l'interno che verso l'esterno del fabbricato), dando luogo alle caratteristiche patologie. La muratura, durante il processo di "aspirazione" che origina la risalita dell'acqua, può essere quindi "invasa" anche da sostanze saline che per cristallizzazione generano i fenomeni noti come efflorescenze, che non rappresentano soltanto un problema estetico ma comportano considerevoli stati tensionali in grado di prevalere sulla resistenza dei materiali causando la progressiva distruzione del tessuto murario.
L’accumulo di sali, eventualmente determinato dalla risalita capillare, può inoltre causare, per l’elevata igroscopicità che li caratterizza, manifestazioni umide localizzate, anche dopo l’eliminazione della causa (l’umidità di risalita), portando a conclusioni errate sull’efficacia dell’intervento. Nel caso in questione, infatti, l’acqua assorbita dai sali è quella propria dell’umidità atmosferica.
Fra i possibili interventi di risanamento riconosciutamente efficaci, nei confronti dell’umidità di risalita capillare, possono essere annoverati la costruzione di BARRIERE CHIMICHE ORIZZONTALI (2), la costruzione di INTONACI MACROPOROSI, DEUMIDIFICANTI (3), nonché, ove necessario, la costruzione di entrambi i sistemi (4), in funzione delle effettive esigenze, da valutare caso per caso, tenendo conto che la condizione essenziale per l’asciugatura del muro si verifica soltanto quando la quantità d’acqua che può evaporare è superiore a quella ascendente (1).
Gli ulteriori interventi sono essenzialmente riconducibili al taglio della muratura ed ai sistemi elettrosmotici. Il taglio della muratura, basato sull’inserimento di una membrana impermeabile al piede del muro, può comportare impatti negativi nei confronti della stabilità strutturale dell’edificio. Il problema è particolarmente rilevante in aree a rischio sismico. Le procedure di elettrosmosi attiva ed elettrosmosi foresi perseguono l’inversione del flusso di risalita dell’acqua, attraverso la creazione di differenze di potenziale elettrico.
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L’obiettivo della barriera chimica è rappresentato dall’interruzione del flusso di migrazione dell’acqua nella muratura, attraverso l’impregnazione profonda di una sezione del tessuto murario, in grado di arrestare l’acqua di risalita.
La barriera chimica orizzontale, correttamente progettata e costruita, rappresenta un valido presidio contro l’umidità di risalita. Il principio fisico utilizzato è rappresentabile con l’inversione del menisco dell’acqua contenuta nella microporosità della muratura opportunamente impregnate: in questo modo l’acqua è privata della motilità ascendente.
La procedura è basata sull’iniezione, in perforazioni appositamente progettate e realizzate, di specifici preparati, in forma di soluzione o gel (cream), caratterizzati da una spiccata capacità impregnante, idrorepellente e diffusiva.
L’esecuzione, intesa come definizione del reticolo di perforazione e successione delle fasi di iniezione, deve avvenire sulla base di un preciso programma definito preliminarmente ed il reticolo di perforazione deve essere progettato in funzione della condizione di risalita dell’umidità, nonché delle caratteristiche morfologiche della struttura. Ove possibile, il prodotto da iniettare deve essere esente da lunghe attese di catalizzazione.
Sotto il profilo operativo la tecnica può essere schematizzata in una prima fase di predisposizione di fori circolari, di diametro, profondità e collocazione adeguate ed una seconda fase rappresentata dall’iniezione, a pressione o per lenta diffusione, degli specifici preparati di impregnazione idrorepellente.
Il diametro delle perforazioni è generalmente ridotto (mm 10/15) per i sistemi a pressione mentre i sistemi a lenta diffusione richiedono fori con diametri più elevati (sino a mm 30). Le perforazioni vengono effettuate con inclinazione non inferiore a 10°, ad una distanza media orizzontale di circa cm 15. La profondità, variabile con lo spessore della muratura, deve comunque interessare circa l’80% dello spessore murario.
L’intervento viene generalmente effettuato sul lato esterno della costruzione, alla minore distanza possibile dal piano di campagna e/o dalla pavimentazione. Nel caso di strutture con spessore murario elevato è necessario operare anche dall’interno per assicurare l’effetto di impregnazione globale: la collocazione delle perforazioni, che deve iniziare in corrispondenza del livello più basso possibile, compatibilmente con l’accessibilità operativa, deve infatti interessare interamente la sezione muraria tenuto conto della composizione della muratura e della capacità diffusiva del preparato.
Nei casi più frequenti è sufficiente operare da un solo lato della muratura (A), mentre nei casi più complessi e/o in presenza di sezioni molto ampie, superiore a cm 45/60, l’intervento deve essere esteso ad entrambe le superfici (D).
A seconda della natura dei materiali costituenti la muratura, può richiedersi la necessità di sfalsare le altezze dei fori nel muro al fine di conseguire la migliore distribuzione diffusiva del materiale impregnante:
1 = localizzazione delle perforazioni in murature in conci, di calcare tenero;
2 = localizzazione in murature di mattoni pieni;
3 = localizzazione in murature di pietrame non assorbente;
4 = schematizzazione delle perforazioni in murature a sacco.
L’iniezione degli specifici preparati di impregnazione idrorepellente può essere effettuata in pressione (pompaggio) ed a lenta diffusione, a pressione atmosferica. In entrambi i casi l’erogazione deve raggiungere il completo assorbimento da parte del muro (sino a rifiuto).
L’iniezione in pressione, caratterizzata da una più elevata velocità di intervento, richiede, con una scelta oculata del livello di pressione più adatto alla morfologia muraria da risanare, controlli particolarmente attenti sia in termini di omogeneità e completezza dell’assorbimento che in ordine al rischio di possibili dispersione del preparato, attraverso fessure e cavità non preliminarmente identificate. L’erogazione a lenta diffusione presenta in misura minore le criticità accennate ma comporta tempi operativi prolungati.
I preparati di impregnazione più frequentemente utilizzati comprendono le resine metilsiliconiche in solvente, le resine siliconiche in solvente, le resine siliconiche in dispersione acquosa, le resine silaniche idrolizzabili, gli organosilossani oligomerici, gli alcossilossani in acqua ed in solvente e le microemulsioni di silani monomeri a basso peso molecolare.
Nel programma di fornitura AZICHEM i numerosi prodotti per la costruzione di barriere chimiche orizzontali comprendono e contemplano preparati differenziati per composizione, catalizzazione, aspetto fisico ecc.
CONSILEX BARRIER–A:
Soluzione di speciali resine siliconiche modificate, disperse in acqua, idrofile in fase applicativa, idrofughe e idrorepellenti dopo reazione con l'anidride carbonica atmosferica. È un prodotto con una lunga storia applicativa che consente la costruzione di barriere chimiche con costi contenuti. Esente da odori sgradevoli richiede tempi di attesa non inferiori ai 2 mesi, per la chiusura dei fori d’iniezione ed il rivestimento con intonaci, poiché il completamento della reticolazione e della trasformazione idrofilo/idrofugo è condizionato dalla reazione con l'anidride carbonica atmosferica. I supporti trattati mantengono la capacità traspirante originaria.
CONSILEX INJECT MAUER:
Sistema monocomponente a base di silani modificati per la preparazione, con la sola aggiunta dell’acqua, di microemulsioni idrofobizzanti per iniezioni murarie, a lenta diffusione, contro la risalita di umidità capillare, specifiche per la costruzione di barriere chimiche nelle murature in mattoni, tufo, pietra e miste, di vario spessore. Il sistema, particolarmente indicato per il “fai da te”, prevede la messa in opera con l’ausilio di specifici accessori quali tubi in catone, tappi, tubicini e sacche di contenimento. Realizza una barriera chimica a lenta diffusione ed a propagazione radiale alla base delle murature. La lenta diffusione è specificatamente progettata per interessare l’intera massa capillare e per consentire la penetrazione profonda nella porosità del materiale poroso senza modifica alcuna della permeabilità al vapore acqueo. I supporti trattati mantengono la capacità traspirante originaria.
CONSILEX MAUER MONO:
Microemulsione acquosa, idrofobizzante, a base di silani monomeri a basso peso molecolare, esente da solventi inquinanti e da sottoprodotti di reazione, caratterizzata da elevatissima capacità di penetrazione e spiccata efficacia consolidante, protettiva. Non comporta alterazioni del colore, dell'aspetto e della capacità di traspirazione del tessuto murario. Idonea per la formazione di barriere chimiche orizzontali contro l'umidità di risalita, esenti da disagevoli tempi di attesa per reazione. Per la sua adattabilità a qualsiasi tipo di attrezzatura pompante, la diluibilità in “acqua di rubinetto” e l’assenza di odori sgradevoli rappresenta l’evoluzione ad elevata versatilità, del prodotto monocomponente CONSILEX INJECT MAUER.
CONSILEX BARRIER CREAM:
Crema concentrata, a base di silani, formulata specificamente per la formazione di barriere chimiche ad alta efficacia, contro l'umidità di risalita capillare. Il prodotto è perfettamente utilizzabile in murature piene (pietra, mattoni, tufo, arenarie, calcestruzzo) ma può anche essere efficacemente utilizzato in blocchi in laterizio forato (murature alveolate). La crema ha un'eccezionale penetrazione e diffusione, e forma una barriera chimica stabile che inibisce , la risalita dell’umidità nelle porosità della muratura. CONSILEX BARRIER CREAM fornito in sacchetti rivestiti da alluminio da ml 600, inibisce o riduce significativamente anche la formazione delle efflorescenze sulla muratura senza alterare, in alcun modo la traspirabilità originaria del supporto.
L’obiettivo degli intonaci deumidificanti, macroporosi, è rappresentato dall’incremento del processo di evaporazione dell’umidità presente nella muratura, in termini di velocità e quantità, attraverso la creazione di un’interfaccia ad elevatissima superficie specifica.
Gli intonaci deumidificanti macroporosi sono infatti caratterizzati da una struttura ad alveoli (pori e micropori) uniformemente distribuita che si traduce in una elevatissima interfaccia tale per cui risulta estremamente facilitata l’evaporazione verso l’esterno dell’acqua di umidità contenuta nel supporto, mentre restano trattenuti al suo interno i cristalli dei sali disciolti nel liquido. La traspirazione in atmosfera libera permette di smaltire con continuità, nel tempo, gli elevati quantitativi d’acqua che la muratura ha assorbito durante la sua vita, accrescendo progressivamente i quantitativi evacuati rispetto a quelli destinati ancora ad introdursi nel paramento murario.
Il principio su cui si basa la tecnologia degli intonaci macroporosi è il conseguimento, attraverso specifici agenti reattivi di tipo porogeno, addizionati a miscele opportunamente progettate, di incrementi significativi della normale porosità che caratterizza gli intonaci tradizionali.
L’intonaco così formulato risulta estremamente poroso con una struttura formata da macropori e micropori, comunicanti attraverso una rete di capillari che favorisce il trasporto di acqua in fase liquida, dall’interno della struttura verso l’esterno, mediante adescamento ad opera dei capillari ed evacuazione, per evaporazione dell’acqua stessa, al livello delle porosità dell’interfaccia. La struttura macroporosa dell’intonaco consente infatti di ottenere una superficie di contatto estesa che può interessare anche gli strati più interni dell’intonaco (alcune prove di laboratorio hanno consentito di rilevare percentuali di pori, rispetto al volume, superiori del 30% rispetto a quelle di un intonaco convenzionale). I valori rilevati comportano considerevoli capacità di trasporto dell’umidità interstiziale, dall’interno della muratura ed altrettanto significative prestazioni in termini di evaporazione, con significativi abbassamenti del livello capillare raggiunto dall’umidità nel paramento murario.
La costruzione di intonaci macroporosi efficacemente deumidificanti presuppone, come sempre, un’adeguata e rigorosa preparazione dei supporti di applicazione e deve essere informata e regolata dalle attenzioni di preparazione, applicazione e stagionatura descritte nel documento “Intonaci, appunti di applicazione” reperibile in www.azichem.com.
In presenza di manifestazioni saline significative, è necessario provvedere preliminarmente alla rimozione delle rilevanze ed all’adeguata preparazione dei supporti con specifici prodotti in grado di neutralizzare la reattività degli eventuali residui (1). L’intonaco degradato eventualmente presente, deve essere accuratamente rimosso, sino ad una quota non inferiore ad 1 metro, rispetto alla linea di persistenza umida (2). Per migliorare le prestazioni del sistema, in termini di adesione, aderenza e stabilità, è opportuno procedere all’applicazione di un rinzaffo opportunamente traspirante. Premesso che l’intonaco macroporoso, deumidificante, deve essere applicato in spessori non inferiori a cm 2 (3), in presenza di spessori di applicazione elevati è necessario ricorrere alla messa in opera di una rete di distribuzione da “annegare” fra gli strati di intonaco (5). È ancora necessario prevedere spessori di applicazione il più possibile omogenei: in caso contrario, dislivelli accentuati possono determinare insorgenze fessurative (4).
A regime stabile, la quantità d’acqua di evaporazione deve risultare superiore alla quantità d’acqua di risalita (A). Per natura e funzione l’intonaco macroporoso assorbe l’acqua con la quale viene comunque a contatto e non può distinguere fra l’acqua di risalita nella muratura e quella di contatto con una pozzanghera (B). Per questo motivo, nelle costruzioni esterne, è sempre necessario prevedere opportuni presidi di isolamento, al piede dell’intonaco, rispetto al piano di campagna e/o alla pavimentazione (C).
Il programma di fornitura AZICHEM comprende una serie di prodotti specifici per la preparazione dei supporti e per la costruzione di intonaci macroporosi, deumidificanti.
Le malte da intonaco considerate inoltre, contemplano prodotti ad elevata capacità di captazione e diffusione del vapore acqueo che, partendo dallo specifico rinzaffo traspirante UNTERSANA offre tanto la possibilità di costruire un intonaco deumidificante classico (SANATIGH), quanto l’opportunità di realizzare sistemi sia deumidificanti che termoisolanti in differenti gradazioni (SANAWARME e CALEOSANA) o di ottenere, nello stesso tempo e con lo stesso prodotto, un sistema armato, consolidante, ad elevatissima capacità di deumidificazione (UNISAN).
SANAREG:
Soluzione anti salina, reattiva, incolore, in grado di formare, per reazione con i sali e gli idrati di calcio presenti nelle murature, saponi di ammonio con spiccate caratteristiche idrorepellenti e stabilizzanti, per i trattamenti preliminari contro la motilità salina nei corpi murari.
UNTERSANA:
Composto adesivo deumidificante a base di calce idraulica naturale, per la costruzione di rinzaffi di aggrappo, per la successiva costruzione di intonaci deumidificanti (SANATIGH), intonaci leggeri termoisolanti e deumidificanti (SANAWARME e CALEOSANA), nelle nuove costruzioni e negli edifici esistenti, ivi compresi il restauro di edifici d'epoca e monumentali e gli interventi coerenti con i canoni bioedili.
SANATIGH:
Intonaco macroporoso, a base di calce idraulica naturale ed agenti porogeni, per la deumidificazione ed il risanamento igrometrico di edifici e murature, negli interventi bioedili, nelle nuove costruzioni e nel restauro di edifici d'epoca e monumentali.
CALEOSANA:
Intonaco macroporoso, bioedile (di densità pari a kg/m3 880- 920) a base di calce idraulica naturale, aggregati leggeri ed agenti porogeni, per la deumidificazione ed il risanamento termico ed igrometrico di edifici e murature, nelle nuove costruzioni, nelle opere di bioedilizia e nel restauro di edifici d'epoca e monumentali.
SANAWARME:
Intonaco macroporoso, bioedile (di densità pari a kg/m3 540 - 560) a base di calce idraulica naturale, aggregati leggeri ed agenti porogeni, per la costruzione di “cappotti minerali” nonché per la deumidificazione ed il risanamento termico ed igrometrico di edifici e murature, nelle nuove costruzioni, nelle opere di bioedilizia e nel restauro di edifici d'epoca e monumentali.
UNISAN:
Malta cementizia composita, fibrorinforzata, deumidificante, per il risanamento igrometrico ed il ripristino strutturale di murature degradate esistenti, ordinarie, d'epoca e monumentali, a base di leganti idraulici, aggregati selezionati, agenti specifici, fibre alcalino resistenti. Riunisce in un unico prodotto le prestazioni meccaniche necessarie nel ripristino murario, coniugate con le qualità deumidificanti di un intonaco macroporoso. UNISAN è particolarmente adatto per realizzare il consolidamento verticale delle murature con la tecnica “a lastra armata".
L’umidità di condensazione è un processo che si manifesta nelle zone caratterizzate dal raffreddamento dell’aria a contatto con le superfici fredde, comunque presenti nel locale. Si differenzia dai processi concernenti sia l’umidità di risalita che di infiltrazione, ivi compresi quelli connessi con la presenza di sali, anche se può manifestarsi contemporaneamente e congiuntamente.
La formazione di umidità interna da condensazione può essere essenzializzata con il seguente paradigma: “se in un determinato punto delle pareti di un locale, la temperatura della superficie è sufficientemente bassa da raffreddare l’aria di contatto sino ad innalzare localmente l’umidità relativa (U.R.), oltre il 100%, in quel punto si verificherà la condensazione ed evidenzierà il “bagnato visibile” con Il vapore acqueo che, condensando, assume lo stato liquido.
L’origine del vapore acqueo è da ascriversi al processo di respirazione degli abitanti, alla “produzione di vapore” delle cucine e dei bagni, alla “restituzione” dell’acqua (vapore) da parte dei muri ecc. Il fenomeno può manifestarsi in modo evidente, sulle superfici, quando la “ventilazione” dell’ambiente è carente e/o incorretta ed in modo occulto, nascosto nel corpo murario, quando è originato da incorrettezze d’isolamento.
La stretta relazione fra la temperatura delle pareti e la formazione di umidità di condensazione è particolarmente evidente nelle immagini della situazione di una superficie muraria e della relativa elaborazione termografica.
L’umidità di condensazione, così come l’umidità in genere, rappresenta l’ambiente ideale per gli insediamenti biodeteriogeni (muffe, funghi, alghe, licheni, batteri, ecc.) che costituiscono un grave pregiudizio per la conservazione delle opere e per la salubrità e fruibilità degli ambienti. È quindi necessario provvedere alla loro bonifica ricorrendo a prodotti specifici bioedili e/o ad alta compatibilità ambientale.
In termini essenziali i provvedimenti da adottare sono riferiti ad interventi sulla ventilazione degli ambienti, sull’isolamento delle pareti e sull’adeguamento del riscaldamento.
In linea di massima è possibile mettere in atto una serie di accorgimenti relativamente poco onerosi, inerenti le azioni e le abitudini quotidiane, procedendo per esclusione, nella definizione delle effettive cause delle presenze umide. Le prime azioni correttive possono essere rivolte al miglioramento della ventilazione ambientale, dell’erogazione del riscaldamento, e della gestione delle attività notoriamente generatrici di umidità. Questi accorgimenti possono ridurre la presenza delle muffe, dei cattivi odori, ecc., sino alla completa eliminazione delle manifestazioni, se la causa delle stesse è esclusivamente da ricercare, come spesso accade, nell’areazione insufficiente.
In mancanza di risultati soddisfacenti gli interventi dovranno riguardare la costruzione di presidi di isolamento termico in corrispondenza delle pareti più fredde e dei ponti termici eventualmente presenti ed identificati, sino all’adozione di sistemi di ventilazione meccanica controllata, adeguati all’effettiva severità del problema.
A completamento dei provvedimenti indicati, al fine di migliorare l’equilibrio termoigrometrico del paramento murario, ad avvenuta eliminazione delle muffe, è opportuno prevedere l’applicazione di pitture idrorepellenti alle pareti esterne, accompagnate da pitture termoisolanti, ove necessarie, alle pareti interne.
Nel caso di severe carenze di isolamento termico la costruzione di un cappotto termico esterno di adeguato spessore (per esempio con SANAWARME) può risultare il provvedimento più indicato.
Ventilare efficacemente un ambiente abitativo è una necessità spesso sottovalutata. Si tende infatti a trascurarne l’importanza, intervenendo solo quando sulle pareti compaiono le prime macchie scure che annunciano lo sviluppo di muffe. In altre parole, gli ambienti abitativi vengono spesso arieggiati in modo insufficiente ed irrazionale.
Per ridurre i problemi causati dall’accumulo di umidità, limitare il rischio della comparsa di muffe e migliorare il comfort abitativo è necessario effettuare quotidianamente e ove possibile più volte, il ricambio dell’aria tenendo completamente aperte le finestre di ciascun ambiente, per almeno 5/10 minuti. In questo modo l’aria satura, il vapore e l’umidità, escono in misura conveniente, senza significative dispersioni di calore, evitando l’eccessivo raffreddamento di mobili e pareti.
In linea di massima, nelle abitazioni, il ricambio d’aria necessario deve risultare prossimo ad almeno metà del volume d’aria, contenuta nell’ambiente, ogni ora: n = 0,5 V/h. Il ricambio citato, che dovrebbe essere garantito naturalmente, può essere conseguito anche con appositi dispositivi. È importante osservare che la circolazione dell’aria, oltre che dall’ampiezza della superficie finestrata, dipende dalla presenza di una seconda apertura di riscontro. Le dimensioni minime dei vani apribili, rapportate alla superficie dell’ambiente da aerare sono indicate nei regolamenti di igiene.
Non sono purtroppo infrequenti i casi in cui i valori effettivi risultano drasticamente inferiori a quelli raccomandati, spesso in concomitanza con murature non traspiranti, serramenti ermetici mantenuti tali troppo a lungo e in qualche caso, con incorrettezze progettuali o di esecuzione.
Con l’areazione adeguata e/o la ventilazione, l’aria viziata “esausta”, i cattivi odori, l’anidride carbonica, ecc. vengono espulsi (A e C), mentre l’aria fresca, salubre, viene immessa (B e D).
Per situazioni particolarmente severe, che possono essere individuate strumentalmente, il provvedimento descritto può rivelarsi insufficiente. In questi casi è necessario ricorrere a sistemi di areazione adeguati all’effettiva severità del problema. Si tratta in genere di impianti che consentono la gestione del ricambio dell’aria ambiente con l’esterno, senza ricorrere necessariamente all’apertura di finestre e porte. Sono in genere costituiti da condotte di ventilazione forzata, collegate con gli ambienti interni da “aspiratori”, per la rimozione dell’aria viziata ed inquinata e da “diffusori” per l’immissione di aria nuova.
PROTECH THERM:
Pittura termoisolante, igienizzante, anticondensa, a base di termopolimeri acrilici in dispersione acquosa, microsfere di vetro cave, cariche lamellari, filler coprenti e inibitori di corrosione, per la riduzione delle aree di ponte termico sulle pareti di locali soggetti a condensazione, muffe e altri sottoprodotti delle attività biodeteriogene.
CALEOSANA:
Intonaco macroporoso, bioedile (di densità pari a kg/m3 880- 920) a base di calce idraulica naturale, aggregati leggeri ed agenti porogeni, per la deumidificazione ed il risanamento termico ed igrometrico di edifici e murature, nelle nuove costruzioni, nelle opere di bioedilizia e nel restauro di edifici d'epoca e monumentali.
SANAWARME:
Intonaco macroporoso, bioedile (di densità pari a kg/m3 540 - 560) a base di calce idraulica naturale, aggregati leggeri ed agenti porogeni, per la costruzione di “cappotti minerali” nonché per la deumidificazione ed il risanamento termico ed igrometrico di edifici e murature, nelle nuove costruzioni, nelle opere di bioedilizia e nel restauro di edifici d'epoca e monumentali.
CONSILEX ANTIMUFFA CLEANER:
Agente di pulizia trasparente, pronto all'uso, per la sicura eliminazione delle incrostazioni nerastre derivanti da muffe e manifestazioni biodeteriogene, nonché per il rinnovamento rivitalizzante delle superfici in legno.
CONSILEX ANTIMUFFA REMOVER:
Soluzione a base di sali di ammonio quaternario e di peculiari principi attivi per l'eliminazione degli insediamenti biodeteriogeni (muffe, funghi, muschi, alghe, licheni, batteri ecc.), dalle opere murarie, nel pieno rispetto dei protocolli ecologici, con particolare riferimento agli interventi bioedili ed al restauro di edifici d'epoca e monumentali. Oltre 150.000.000 di metri quadrati bonificati e 30 anni di storia, garantiscono la qualità e l’efficacia del prodotto.
Le discontinuità di qualsiasi natura ed origine (porosità, permeabilità, ritiro plastico, invecchiamento, deformazioni, ecc.), costituiscono le via d’accesso per l’umidità di infiltrazione e permeazione che è soprattutto riconducibile all’acqua delle precipitazioni (pioggia, neve, ecc.).
L’acqua penetra nelle murature attraverso fessure, microfessure, inserti di carpenteria, macroporosità, ecc. L’infiltrazione può inoltre verificarsi per l’acqua piovana risorgente (rimbalzante) in terreni rigidi, così come può formarsi attraverso impedimenti del corretto scambio igrometrico delle murature.
L’intervento di bonifica deve contemplare la colmatura sigillante delle fessure, delle fughe e delle discontinuità in genere, nonché il conseguimento di una elevata efficacia idrorepellente, waterproofing ed autolavante, delle superfici, attraverso prodotti non pellicolanti, in grado di conservare immutate le caratteristiche originarie, in termini di capacità traspirante, aspetto e tessitura.
Le modalità di risanamento accennate sono da realizzare congiuntamente o meno, in funzione delle esigenze effettive, da valutare caso per caso.
Riparare: eliminare la causa.
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