Pavimentazioni esterne di calcestruzzo: degrado da gelo-disgelo

Categoria: Approfondimenti, esempi applicativi e opportunità
Data: 24/10/2015

Note ed indicazioni per le pavimentazioni esterne esposte al gelo disgelo ed ai sali disgelanti

Pavimentazioni esterne in calcestruzzo: note sul degrado da gelo/disgelo

01 - Premessa

Sono piuttosto note le severe implicazioni dell’esposizione delle opere in calcestruzzo e, in particolare, delle pavimentazioni calcestruzzo al congelamento ed ai cicli gelo-disgelo. L’inverno 2005/2006, caratterizzato da precipitazioni nevose insolitamente abbondanti e perduranti,  in misura che non si proponeva da molto tem-po, ne è stato un clamoroso esempio anche nella misura in cui si è accompagnato ad una altrettanta insolita fioritura di danneggiamenti nelle opere in calcestruzzo.

Nelle pavimentazioni esterne, in calcestruzzo, ed in particolare in quelle con spolvero indurente superficiale, si sono infatti verificate vistosi distacchi e delaminazioni che, in qualche caso, hanno assunto la forma di veri e propri collassi degli strati corticali con compromissioni più o meno profonde del conglomerato e della stessa agibilità della pavimentazione.

Il fenomeno che ha determinato i deterioramenti in esame è certamente riconducibile al prevalere delle tensioni indotte dall’aumento di volume dell’acqua, per congelamento (9%), rispetto alle resistenze proprie dei conglomerati e del sistema spolvero/calcestruzzo in particolare.

Gli eventi richiamati, anche a seguito di numerosi sopralluoghi effettuati, ponevano alcune domande che, in prima istanza, non trovavano una risposta soddisfacente :
 
    Quali sono state le incorrettezze di composizione e/o di costruzione che hanno causato i dissesti?

    Come mai il deterioramento aveva coinvolto soprattutto ed in misura vistosamente maggiore, le pavimentazioni con spolvero indurente ?

    Come mai pavimentazioni che avevano sopportato, senza inconvenienti apparenti, il succedersi di alcuni inverni si erano deteriorate in numero così elevato ed in misura così massiccia solo a seguito degli eventi atmosferici intervenuti nell’inverno 2005/2006?

Le note che seguono propongono alcune considerazioni effettuate a seguito dei sopralluoghi effettuati, delle analisi che ne sono derivate e delle conclusioni, seppure non definitive, che ne sono state il risultato, corredate da alcuni necessari richiami in ordine agli argomenti tecnologici coinvolti. 

02 – Sulla normativa vigente per il calcestruzzo

La norma UNI EN 206-1:2001 “calcestruzzo, specificazione, prestazione, produzione e conformità” prescrive, nel paragrafo 4.1, le caratteristiche per calcestruzzi e conglomerati esposti al gelo, in presenza o meno, di sali disgelanti (tabella A).

La norma sopra citata introduce parametri assolutamente imprescindibili, tali da richiedere una revisione critica ed informata del mix design, quali il rapporto acqua/cemento massimo consentito, l’inclusione del corretto quantitativo di cemento e d'aria inclusa, nonché la verifica di conformità degli aggregati.

NOTA BENE: La norma riportata fa espresso riferimento al calcestruzzo come tale e contempla la necessità di includere aria, nel calcestruzzo, al fine di creare delle “camere di compensazione” con lo scopo di contenere gli aumenti di volume, conseguenti al congelamento dell’acqua presente nel calcestruzzo. Lo spolvero indurente non solo non possiede questa indispensabile caratteristica ma, sotto l’aspetto considerato, può alterare l’equilibrio fisico, dimensionale e meccanico del conglomerato sottostante.

03 – Considerazioni reologiche sullo spolvero indurente

Lo spolvero indurente è rappresentato, in genere, da una miscela anidra di cemento (40%) ed aggregati se-lezionati (60%), applicata sul calcestruzzo “fresco”, costituente la lastra di pavimentazione, quando il calcestruzzo stesso “mostra” le prime fasi di rapprendimento. All’applicazione “a spolvero” della miscela anidra fa seguito la fase di “incorporamento” effettuata con frattazzatrici meccaniche a pale, definite in gergo  “elicotteri”. L’azione meccanica della frattazzatrice è volta a mescolare la miscela anidra dello spolvero con l’acqua libera del calcestruzzo ed a lisciarne l’estradosso..

Le modalità realizzative accennate, portano alla costruzione di una lastra composita, con differenze mecca-niche e prestazionali, fra i diversi “livelli”, derivanti dalle sensibili differenze in termini di contenuto di cemento e dimensione degli aggregati, che non possono essere trascurati. In pratica, lo strato di spolvero indurente risulta significativamente più rigido e, di conseguenza più fragile del calcestruzzo sottostante. L’azione meccanica della frattazzatura e le pratiche esigenze di lavorazione dello “spolvero” possono inoltre causare criticità latenti, all’interfaccia “spolvero/sottofondo” che possono rivelare criticità estremamente pericolose, specie in concomitanza con i cicli gelo/disgelo. Nella fase di applicazione dello spolvero e, soprattutto della sua frattazzatura possono inoltre verificarsi tanto la  veicolazione dell’acqua, “ancora libera”, nonché dell’aria, verso l’estradosso (Bleeding, vedere paragrafo 04), in un momento in cui il calcestruzzo di sottofondo ha ormai assunto una condizione plastico-rigida, oltre all’inglobamento indesiderato di strati d’aria che determi-nano vere e proprie discontinuità orizzontali.

04 – Bleeding, segregazione, formazione di disaggregazioni latenti

Bleeding, dall’inglese to bleed: essudare, è il termine che definisce l’affioramento dell’acqua alla superficie del calcestruzzo. È un fenomeno complesso, determinato dalla separazione gravimetrica dei costituenti la miscela, differenti per dimensione e peso specifico, che, liberi di muoversi, in misura più o meno elevata, nel-la fase fresca del conglomerato, tendono a spostarsi verso il basso causando lo spostamento degli elementi più leggeri, l’acqua e l’aria, verso la superficie. Fra le conseguenze dell’affioramento sono da annoverare la formazione dei canali verticali, permanenti che costituiscono un pericoloso accesso per l’acqua e per gli a-genti potenzialmente aggressivi. Il bleeding, inoltre, non avviene istantaneamente e non si esaurisce rapidamente. Ne consegue che nella fase di applicazione dello spolvero indurente l’acqua, ancora libera, viene richiamata dall’azione della frattazzatura sino ad incontrare la massa gelatinosa creata dallo spolvero appe-na applicato. Questa massa, nella condizione impermeabile di iniziale indurimento, trattiene l’acqua affiorata proprio nella delicata interfaccia spolvero/calcestruzzo. Viene così a determinarsi una discontinuità critica specie in ordine ai fenomeni di congelamento e di gelo/disgelo che è spesso causa anche di un’adesione in-sufficiente del materiale indurente al calcestruzzo.

Il bleeding aumenta con il crescere del rapporto acqua/cemento, con il rapporto aggregati/cemento, con assortimenti sfavorevoli degli aggregati (granulometria e forma), mentre si riduce con l’addizione di filler reattivi (tipo MICROSIL 90), con l’apporto di fibre tridimensionalmente diffuse (READYMESH) e con l’addizione, condizionata, di cemento.

05 – Risposte ai quesiti proposti in premessa

Quali sono state le incorrettezze di composizione e/o di costruzione che hanno causato i dissesti?

Nella costruzione della pavimentazione in calcestruzzo, nella quasi totalità dei casi esaminati, il conglomerato utilizzato era un calcestruzzo normale, generalmente dosato in ragione di kg 300 di cemento per metro cubo, ,senza aria inclusa e con elevati rapporti Acqua/Cemento.

Il semplice confronto con le prescrizioni della norma UNI EN 206-1 “Calcestruzzo: specificazione, prestazione, produzione e conformità”, qualifica i calcestruzzi utilizzati come “non adeguati” e certamente critici per il tipo di esposizione considerato.

Come mai il deterioramento ha riguardato soprattutto le pavimentazioni con spolvero indurente ?

Le fasi di applicazione dello spolvero indurente hanno certamente accentuato la vulnerabilità del calcestruzzo in termini sia di “canalizzazione verticale da bleeding in fase plastica” che di “affioramento all’interfaccia” descritti nel paragrafo 04. La presenza dello strato indurente, inoltre, non impedisce la permeazione dell’acqua negli strati di calcestruzzo sottostanti (permeazione che può comunque svilupparsi attraverso i giunti e le fessurazioni), focalizza la permeazione dell’acqua nella pasta di cemento corticale del calcestruzzo, favorisce l’instaurarsi della saturazione critica e, opponendo una resistenza iniziale all’espansione per congelamento dell’acqua, così come evidenziato nel paragrafo 06, amplifica le conseguenze distruttive delle sollecitazioni. A conforto degli assunti riportati si osserva che, nelle latitudini settentrionali, dove il clima è molto rigido, per fare un esempio i paesi scandinavi ed il Canada, la pratica dello spolvero indurente superficiale è stata praticamente abbandonata nelle pavimentazioni esterne di calcestruzzo.

Come mai pavimentazioni che avevano sopportato, senza inconvenienti apparenti, il succedersi di alcuni inverni si erano deteriorate in numero così elevato ed in misura così massiccia solo a seguito degli eventi atmosferici intervenuti nell’inverno 2005/2006?

Nella condizione di saturazione inferiore a quella critica il calcestruzzo può sopportare numerosi cicli di gelo/disgelo senza danni apparenti. Superata tale soglia, per l’incidenza dei fattori già richiamati, ivi compreso il perdurare delle condizioni climatiche avverse, il mantenimento prolungato della neve sulle superfici pavimentate, ecc., anche un numero esiguo di cicli gelo/disgelo può dare luogo ad effetti distruttivi. 

06 – Conclusioni e possibili accorgimenti 

L’argomento delle pavimentazioni esterne esposte ai cicli gelo/disgelo può essere positivamente affrontato ricorrendo, per le nuove costruzioni, all’impiego di calcestruzzi e metodologie specificatamente progettate, sulla base delle più recenti acquisizioni terotecnologiche ed in coerenza con le norme vigenti.

L’applicazione di spolveri indurenti deve essere evitata. L’indurimento all’estradosso può essere affidato ad indurenti chimico meccanici nano-tecnologici, non pellicolari quali  QL NANO LITHIUM, a base di silicati di litio, in grado di apportare il consolidamento corticale e l'indurimento chimico superficiale, ivi compresa la funzione antipolvere. QL NANO LITHIUM fra l’altro, può essere applicato anche immediatamente dopo la fase di finitura meccanica delle superfici, utilizzandone, in questo caso, anche le fondamentali proprietà antievaporanti, per la migliore maturazione umida del calcestruzzo. Per le pavimentazioni esistenti i possibili rimedi possono essere rappresentati dall’applicazione di  QL NANO LITHIUM, previa adeguata preparazione dei supporti. 

Gli accorgimenti accennati trovano conferma, seppure indiretta, nei suggerimenti contemplati nel documento “Concrete floors on ground”, Portand Cement Association (PCA), riportati nel paragrafo 10, che, in una traduzione liberamente condensata recita: “Non usare calcestruzzo con aria inglobata in pavimentazioni destinate a ricevere uno spolvero indurente”. (*06.1), nonché nelle “Istruzioni C.N.R. per la progettazione, l’esecuzione ed il controllo delle pavimentazioni di calcestruzzo” che, al punto 9.4.8.4, contemplano il “Metodo senza indurente superficiale riportato”, riprodotto nel paragrafo 11.  A proposito delle indicazioni PCA si  osserva che l’inglobamento d’aria è una prescrizione ineludibile anche ai sensi della norma UNI EN 206-1.

Ad ulteriore conferma delle conclusioni sopra riportate si richiama  il documento “Codice di buona pratica” dell’Associazione di Categoria Imprese Pavimenti e Rivestimenti industriali CONPAVIPER: ”Le pavimentazioni esterne sono esposte, per destinazione di servizio, a condizioni climatiche variabili durante tutto l’arco di vita della struttura. In molte aree climatiche le condizioni citate debbono necessariamente contemplare i cicli gelo-disgelo, ivi compresa l’esposizione alle aggressioni connesse con l’uso di sali disgelanti, in coerenza con la norma UNI EN 206-1 che, nel paragrafo 4.1 e nella tabella A, definisce puntualmente le caratteristiche che il calcestruzzo da utilizzare per le opere in questione dovrà possedere.

07 – Orientamenti di “costruzione” 

Il “Codice di buona pratica” CONPAVIPER che riunisce e condensa esperienze pluridecennali di operatori specializzati, suggerisce le ulteriori precauzioni che debbono essere adottate per le pavimentazioni esterne esposte a gelo-disgelo e sali: “Prevedere le deformazioni dimensionali dovute alle variazioni di temperatura; prevedere pendenze superiori a cm 1,5 per metro, calcolate sulla distanza tra l’angolo più lontano dal punto di raccolta delle acque piovane; prevedere canaline di raccolta delle acque piovane al posto dei più usuali chiusini;  evitare gli indurenti superficiali applicati mediante spolvero e/o pastina; impregnare e consolidare lo strato d’usura con idoneo indurente di tipo chimico, per migliorare la resistenza all’abrasione e proteggere il calcestruzzo dai cicli di gelo e disgelo”. 

08 – Indicazioni per il calcestruzzo esposto ai cicli gelo-disgelo

Fermi restando i parametri ineludibili rappresentati dall’aria inclusa, dal valore massimo del rapporto acqua/cemento e della classe minima di resistenza, prescritti dalla norma UNI EN 206-1, è possibile determinare, in via del tutto preliminare, gli elementi di composizione del calcestruzzo. La tabella esemplificata propone una serie definita di componenti, senza precisare, in termini quantitativi gli aggregati che vengono considerati in coerenza con la funzione di “riempimento”, che li caratterizza.

Premesso che gli aggregati dovranno essere di natura conforme al prEN 12620 (non gelivi) ed, ove possibile, di tipo alluvionale tondo con favorevole coefficiente di forma, il loro dosaggio “in peso” nella tabella varia in funzione della densità. A titolo di esempio con aggregati di densità (peso specifico) di 2,350 kg/dm3, il dosaggio quantitativo potrà essere determinato con: litri 627 x   2,350 kg/dm3 = 1473, 35 kg/m3, e così via.   

09 – Elementi e dettagli costruttivi 

Nel documento “Pavimenti di calcestruzzo esposti ai cicli gelo-disgelo: protocollo indicativo” in www.azichem.com

10 – Note sui meccanismi gelo/disgelo

Una descrizione semplificata del fenomeno del degrado da gelo/disgelo, in presenza dello spolvero indurente, può essere schematizzata con la successione delle immagini che seguono.

A = formazione di ghiaccio sulla superficie di calcestruzzo; B = il ghiaccio si trasforma in acqua, riempiendo le porosità del calcestruzzo; C = la temperatura scende oltre il limite di congelamento, l’acqua congela nelle porosità,  aumenta il proprio volume ed innescando tensioni distruttive; D = lo strato di spolvero oppone resistenza all’aumento di volume dell’acqua sottostante. Le tensioni di espansione prevalgono sulla resistenza sia dello spolvero che del calcestruzzo.
In realtà il fenomeno è più complesso. È infatti necessario che il calcestruzzo sia saturato criticamente con acqua affinché si manifesti l’effettivo deterioramento per le alternanze gelo/disgelo, laddove, per saturazione critica si intende una condizione di permeazione d’acqua nelle porosità superiore al 91% : in questa condizione il congelamento dell’acqua, che avviene con un aumento di volume pari a circa il 9%, sottopone il tessuto del calcestruzzo a sollecitazioni distruttive. Il fattore fondamentale nei danni da gelo/disgelo, così come nella maggior parte dei processi potenzialmente distruttivi che coinvolgono il calcestruzzo, è lo stato di umidità del materiale. Se il grado di saturazione supera significativamente il valore accennato (91%), la formazione di ghiaccio ed il conseguente aumento di volume possono produrre conseguenze distruttive anche a seguito di limitati cicli di congelamento, così come è possibile rilevare dalla pubblicazione Canadian Building Digest CBD 116 – agosto 1999 : “Durevolezza del calcestruzzo in inverno”.

È quindi possibile affermare che il “grado di saturazione” del calcestruzzo, cioè la percentuale dei pori teoricamente saturabili con acqua, effettivamente riempiti all’atto del manifestarsi delle temperature di congelamento, ha un’importanza fondamentale. Ciascun calcestruzzo, inoltre, ha un suo grado di saturazione SCR caratteristico (SCR) dipendente da numerose variabili. Questo grado di saturazione segna il confine fra le condizioni di resistenza e quelle di vulnerabilità al gelo.   

11 – Note sulle porosità del calcestruzzo in ordine al gelo-disgelo

Le differenti porosità del calcestruzzo hanno una differente incidenza in relazione ai fenomeni correlati al ge-lo/disgelo. I pori del gel ed i pori capillari non consentendo la motilità dei liquidi non esercitano un’influenza diretta.

I pori derivanti dall’aria inclusa e quelli interstiziali, che hanno dimensioni assimilabili, possono essere considerati positivamente coagenti in termini di prevenzione. Le microfessure e le macrofessure, unitamente alle porosità interstiziali adiacenti, causano l’ingresso dell’acqua ed espongono la struttura ai rischi derivanti dal congelamento.

Nell'immagine sopra riportata la pratica assenza di vulnerabilità del calcestruzzo (A), con aria inclusa, confrontata con la disgregazione di un calcestruzzo ordinario (B). 

12 – Note sull’incidenza dei sali “disgelanti”

I sali ed i composti di varia natura, impropriamente definiti “disgelanti o fondenti” vengono spesso impiegati per evitare la pericolosa formazione di ghiaccio sulle superfici transitabili (pavimentazioni esterne, strade, viadotti, ecc.).  Questi prodotti introducono variabili pericolose in grado di accentuare i risultati già comunque distruttivi a carico del calcestruzzo, derivanti dall’azione gelo/disgelo.

13 – Carta indicative delle aree climatiche critiche 

A titolo indicativo, la rappresentazione cartografica che segue delinea le aree climatiche sicuramente interessate dagli eventi connessi con il congelamento e con i cicli gelo-disgelo.

14 – Riferimento PCA “Concrete floors on ground” 

Il fenomeno della “delaminazione” da gelo-disgelo è chiaramente e ripetutamente descritto dalla Portand Cement Association (PCA) nel testo “Concrete floors on ground”: “Do not use air entrained concrete for flo-ors that will receive an application of dry-shake surface hardener. These products require some moisture at the slab surface, so they can be thorougly worked in. Because the entraned air slows bleeding, needed moisture may not be present, and delamination of the hardened surface is more likely”.

L’indicazione può essere tradotta, senza grosse pretese di fedeltà, in “Non usare calcestruzzo con aria in-globata in pavimentazioni destinate a ricevere uno spolvero indurente. Questi prodotti (gli spolveri indurenti) richiedono la presenza di acqua, seppure in quantità limitata, sulla superficie per essere efficacemente incorporati. Poiché l’aria inglobata rallenta il bleeding, la quantità d’acqua di inglobamento potrebbe non esse-re presente nella quantità necessaria e la delaminazione della corazzatura risulterebbe estremamente probabile”. In un testo successivo del 2006, dedicato alle pavimentazioni industriali corazzate con spolvero indurente, la PCA, nella edizione 2006, alle pagine 24 e 25, raccomanda un contenuto massimo di aria totale (inclusa l’aria intrappolata e l’aria inglobata) nel calcestruzzo compresa tra il 2% ed il 3%, al fine di evitare la formazione di bolle e delaminazioni.

15 – Riferimento CNR: Metodo senza indurente superficiale riportato

É possibile eseguire la finitura della pavimentazione senza applicare sulla parte superficiale un prodotto cementizio indurente nella fase finale della lavorazione, che viene eseguita solo con adeguato sistema di densificazione e lisciatura della parte superiore del calcestruzzo, curandone particolarmente la chiusura e la successiva stagionatura. In alcuni casi, ad avvenuto indurimento, si procederà ad eseguire una levigatura superficiale mediante utensili diamantati che permetterà di ottenere una superficie finale chiusa e planare, lasciando a vista la grana della miscela di calcestruzzo. Allo scopo di ottenere un miglioramento delle caratteristiche superficiali della pavimentazione, è suggerito applicare un prodotto impregnante a forte azione indurente, dando alla parte superiore della pavimentazione una resistenza meccanica migliore.

16 - Norme e documenti di riferimento

UNI EN 206-1 “Calcestruzzo: Specificazione, prestazione, produzione e conformità”; UNI 8981-4 “Durabilità delle opere e degli elementi di calcestruzzo: Istruzioni per ottenere la resistenza al gelo e disgelo”; 

Canadian Building Digest CBD 116 – agosto 1999 : “Durevolezza del calcestruzzo in inverno”; C.N.R. “Istruzioni per la Progettazione, l’Esecuzione ed il Controllo delle Pavimentazioni di Calcestruzzo”.

Suggerimenti del “Codice di buona pratica” Conpaviper; PCA (Portland Cement Association): “Concrete floors on ground”; ACI 318 (American Concrete Institute) : “Reccomended total air content for concrete exposed to Freezing and Thawing”.

Edoardo Mocco

 

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