Carbonatazione e corrosione del conglomerato cementizio armato

Categoria: Approfondimenti, esempi applicativi e opportunità
Data: 10/03/2015

Appunti sulle cause e sugli effetti dei processi carbonatativi e corrosivi

Carbonatazione e corrosione del conglomerato cementizio armato 

01 - la carbonatazione in pillole

L’idratazione del legante (cemento) comporta la generazione di calce libera, altrimenti detta anche idrossi-do di calcio che, a sua volta, determina un ambiente “fortemente basico” (pH elevato) e la formazione di un film passivante che avvolge le armature metalliche impedendo il contatto fra l’aria umida e l’acciaio. In termini pratici il film passivante  impedisce la “corrosione”. Con il tempo, l’anidride carbonica dell’aria reagisce con la calce libera riducendo il pH dell’ambiente. Dissolto il film passivante si innescano i processi di formazione della ruggine e quindi si attivano i processi di corrosione.     

02 - l’anidride carbonica

L’anidride carbonica (CO2), altrimenti definita anche come biossido di carbonio (o diossido di carbonio), è un ossido acido (o anidride) formato da un atomo di carbonio legato a due atomi di ossigeno. È presente nell’atmosfera, in concentrazioni di circa 399 ppm (dati riferiti a misurazioni effettuate nel 2013).

03 - il processo di carbonatazione 

La carbonatazione è un “processo chimico” ascrivibile alla capacità dell’anidride carbonica atmosferica “CO2” di reagire con determinate sostanze per formare “carbonati”.


Nei “leganti edili” la carbonatazione è un fenomeno piuttosto frequente. La reazione di “CO2” con l’idrossido di calcio “Ca(OH)2” presente naturalmente nei leganti (cemento, calce aerea, calce idraulica), forma “carbonato di calcio” secondo la reazione di seguito più sopra schematizzata.
Il fenomeno descritto può avere effetti sia positivi che negativi, in funzione dall’ambito in cui si sviluppa. Fra gli aspetti positivi è possibile ricordare il processo di indurimento dei leganti aerei, mentre fra gli aspetti negativi assumono particolare rilevanza gli effetti degenerati e distruttivi ascrivibili alla corrosione delle armature d’acciaio, come conseguenza della “carbonatazione” del calcestruzzo, nel conglomerato cementizio armato (C.C.A.)

03b - la reazione di carbonatazione

L’anidride carbonica “CO2”, in presenza di umidità, reagisce con i prodotti del processo di idratazione del cemento, in particolare con l’idrossido di calcio “Ca(OH)2”, che ne rappresenta circa il 20%, in volume, per dare luogo a carbonato di calcio “CaCO3” ed acqua, secondo lo schema riportato nel paragrafo 2. La reazione di carbonatazione viene definita anche con il termine “reazione di neutralizzazione” per gli effetti che comporta in termini di scadimento della protezione anticorrosiva delle armature d'acciaio.

04 - la carbonatazione non è…

La carbonatazione non è la reazione di un gas, l’anidride carbonica, con una sostanza solida, il calcestruzzo,  ma bensì la reazione di un gas, l’anidride carbonica, disciolto in un film umido, con gli alcali in soluzione, presenti nel calcestruzzo.


Questa considerazione, che focalizza la funzione significativa dell’umidità (acqua di penetrazione) è particolarmente rilevante per orientare la scelta dei sistemi di protezione e/o rivestimento, da porre in essere, a salvaguardia delle strutture in conglomerato cementizio armato, nonché per valutarne l’effettiva efficacia protettiva.

Sotto questo profilo gli inibitori di corrosione ad azione migrante, del tipo CONSILEX NO RUST,  sono caratterizzati da un’efficacia facilmente intuibile, specie negli interventi di ripristino di opere in conglomerato cementizio armato: L'azione di penetrazione e migrazione di CONSILEX NO RUST infatti,  consente di "rinnovare" le strutture, nella loro integrità elettrochimica, con il ripristino di un film di passivazioneequivalente, attraverso le peculiari azioni descritte nel documento "Carbonatazione, corrosione, prevenzione e rimedi”.  

05 – la carbonatazione nel calcestruzzo e nel conglomerato cementizio armato

Per il conglomerato cementizio semplice (il calcestruzzo), la carbonatazione è un’afflizione di modesta rilevanza che non comporta riduzioni significative delle prestazioni. Del tutto differenti, sono le conseguenze nel conglomerato cementizio armato. In questo contesto infatti, a seguito di un “processo elettrochimico” che coinvolge l’acciaio delle armature, possono insorgere severe patologie degenerative.

Le conseguenze della carbonatazione si riverberano infatti sul delicato equilibrio elettrochimico, che governa la convivenza dei componenti essenziali del conglomerato cementizio armato: il calcestruzzo e l’acciaio di armatura.

L’equilibrio elettrochimico fra acciaio e calcestruzzo è messo a dura prova dal terzo incomodo che si inserisce nella relazione: l’ambiente di esposizione, con le potenziali azioni aggressive di natura chimica, elettro-chimica, fisica ed atmosferica che le condizioni di esposizione comportano. Di particolare rilievo è l’aggressione di natura “elettrochimica” indotta dall’anidride carbonica con il processo di “carbonatazione”. Questo processo, caratteristico delle strutture in “C.C.A”, è accompagnato da effetti degenerativi e distruttivi connessi con la “corrosione delle armature”.

06 - velocità di carbonatazione

Il progredire della carbonatazione, all’interno di una struttura in conglomerato cementizio armato, può es-sere previsto, seppure in termini largamente indicativi, ricorrendo alla formula di seguito riportata.


La profondità di carbonatazione nel tempo è condizionata dalla qualità del calcestruzzo, sulla base della considerazione che la resistenza del conglomerato ne rappresenta anche ulteriori importanti caratteristiche quali l’impermeabilità, l’inerzia chimica, la resistività, ecc.

È da tempo riconosciuta la fondatezza della relazione fra le prestazioni meccaniche del conglomerato e gli ulteriori parametri prestazionali che concorrono nella determinazione della “sua” durabilità


A pari caratteristiche qualitative del calcestruzzo l’umidità relativa e la presenza, o meno, di adeguati presidi di protezione quali le pitture anticarbonatative, gli inibitori di corrosione, ecc. che svolgono un ruolo fondamentale.

06 – carbonatazione e corrosione 

La corrosione è un processo chimico in cui i materiali costituiti prevalentemente da ferro metallico tendono per loro natura a combinarsi con l'acqua e l'ossigeno per trasformarsi (attraverso una reazione denominata di ossido-riduzione) in ossidi di ferro, cioè in ruggine. La reazione è caratterizzata da un progressivo aumento di volume dei prodotti di ossidazione rispetto ai volumi originari.

Nel calcestruzzo la “carbonatazione” rappresenta un “parametro di innesco, regolato, in termini normativi, dalle norme UNI 8981-1: “Durabilità delle opere di calcestruzzo: definizione ed elenco delle azioni aggres-sive” e UNI EN 206-1: “Calcestruzzo, specificazione, prestazione, produzione e conformità ”.

07 – ambiente elettrochimico nel calcestruzzo 

Nel calcestruzzo fresco di buona qualità, l’acciaio nel calcestruzzo è, in condizioni ottimali di protezione, grazie all’elevata alcalinità dell’ ambiente cementizio determinata dalla presenza di una “soluzione nei pori” che, nel calcestruzzo sano, giovane, presenta valori di pH compresi tra 12,6 e 13,8. In questo intervallo di valori di pH l’acciaio delle armature è nella condizioni di protezione definita “passivazione”. Le sperimenta-zioni effettuate hanno infatti rilevato che, per valori di pH superiori a 11,5 è necessaria una massiccia presenza di ioni aggressivi (in special modo cloruri) affinché abbia inizio il fenomeno di corrosione e che la quantità di cloruri, necessaria per l’attivazione dei processi corrosivi, aumenta al crescere del pH all’ interfaccia acciaio-soluzione.

08 – acciaio e protezione per passivazione 

La superficie dei ferri immersi nel calcestruzzo si trova a contatto con un solido avente struttura microporo-sa permeato da una fase acquosa basica, che contiene ioni e molecole di gas disciolti. Il pH della soluzione acquosa che permea la pasta di cemento è generalmente maggiore di 13. In queste condizioni, la piccola quantità di ossigeno sciolto nel liquido è sufficiente a consentire la formazione di un film passivante di ossido di ferro attraverso il seguente meccanismo: a contatto con la soluzione contenuta nei pori, il ferro si corrode e forma idrossido ferroso, che, essendo insolubile nella soluzione basica, si deposita sul metallo dove viene ossidato dall'ossigeno disciolto. Si forma così un film molto aderente e compatto, impenetrabile agli ioni esterni. Per le sue caratteristiche di aderenza e per l'assenza di microporosità, il film assicura un efficacissimo isolamento dell'armatura rispetto all'ambiente esterno: ogni fenomeno di corrosione, che non sia dovuto a correnti vaganti, viene impedito (*).

È bene osservare che la “passività” non è una caratteristica dell’acciaio come tale, ma la proprietà dell’acciaio in un determinato ambiente. Nel caso specifico, in ambiente alcalino ad elevato pH. Nella condizione di passività l’acciaio è ricoperto da un film di ossido protettivo di spessore “nanometrico”  (> 2 nm), che si forma rapidamente già nelle fasi iniziali di idratazione del cemento. 

(*) = Il film passivante di spessore “nanometrico”  (> 2 nm) si forma rapidamente già nelle fasi iniziali di idratazione del cemento ed è in grado di proteggere l’acciaio d’armatura rendendo praticamente irrilevante la velocità dei processi di corrosione.

09 – carbonatazione e depassivazione 

La norma UNI 8981 recita: “le caratteristiche protettive del film passivante sono compromesse nel caso in cui sulla superficie del metallo vi sia un apporto di ossigeno e contemporaneamente diminuisca il pH della soluzione acquosa che permea la pasta di cemento. Alla concentrazione di ossigeno che deriva dalla diffu-sione nella fase liquida di un calcestruzzo si ritiene che già un pH minore di 11,5 possa dare luogo alla for-mazione di un film poco compatto, e/o siano presenti in alternativa, ioni cloruro, a contatto dei quali il film non è più passivante, nemmeno ai valori normali di pH della pasta cementizia”.
 “L'abbassamento del pH è generalmente dovuto all'azione dell'anidride carbonica dell'aria che, dissolto in acqua, reagendo con la calce della soluzione permeante, provoca la carbonatazione della pasta cementizia ed il conseguente abbassamento del pH. In un calcestruzzo completamente carbonatato il valore del pH risulta essere minore di 9. Il fenomeno della carbonatazione è tanto più profondo quanto più facilmente l'aria con il suo contenuto di anidride carbonica (0,03%) può venire a contatto con la pasta cementizia avvolgente i ferri, a causa di un copriferro di spessore insufficiente o troppo poroso o della presenza di fessurazioni”.


La figura sopra riportata schematizza l’andamento della concentrazione idrogenionica (pH), conseguenti al-la carbonatazione ed i processi descritti, comprendenti la fase di “assenza di corrosione”, quella di “depassivazione ed inizio della corrosione”, nonché la fase più pericolosa di “corrosione rapida e pesante”.

10 – corrosione in pillole 

La classica definizione della corrosione, riportata dal prof. Pietro Pedeferri, nella pubblicazione “Corrosione e protezione dei materiali metallici”  propone un approccio quasi “naturalistico” ai processi corrosivi: “La corrosione è detta anche antimetallurgia (metallurgy in reverse). Infatti i processi di corrosione tendono a portare spontaneamente i materiali metallici allo stato in cui si trovano in natura che è quello di combina-zione con altri elementi, in particolare con l'ossigeno, dal quale erano stati sollevati nei processi metallurgici mediante somministrazione di energia (elettrica, chimica o di calore”). 


11 – corrosione: un processo elettrochimico 

“L'armatura privata del suo strato passivante protettivo può quindi subire un processo di corrosione elettro-chimico con formazione di zone anodiche e di zone catodiche collegate tra di loro sia elettricamente sia elet-troliticamente. Il processo elettrochimico generato dalla differenza di potenziale, che si stabilisce tra anodo e catodo, ha come risultato il passaggio in soluzione di ioni ferrosi all'anodo, mentre al catodo gli elettroni messi in libertà formano con l'ossigeno (la cui presenza sostiene la reazione catodica) e l'acqua, ioni ossidrili.

Gli ioni ossidrili,  si combinano con gli ioni ferrosi per formare i vari ossidi di ferro idrati (ruggine). I prodotti di ossidazione del ferro hanno volume maggiore del metallo e producono un’azione espansiva sul calce-struzzo con la formazione di fessurazione e con distacchi del copriferro, concorrendo ad incrementare sempre più le reazioni di corrosione”. 

L’ossidazione dei metalli è un fenomeno elettrochimico nel quale sono contemporaneamente presenti due differenti processi: nel processo anodico si verifica l’ossidazione del metallo con rilascio di elettroni, nel processo catodico si verifica la riduzione dell’ossigeno e l’assorbimento elettrone/ossigeno. Il trasporto di elettroni avviene nel metallo, quello della carica si verifica nell’elettrolita (il calcestruzzo umido).
In termini schematici nella corrosione  avvengono una reazione di ossidazione del ferro (processo anodico), che rende disponibili elettroni nella fase metallica e origina prodotti di corrosione (Fe = Fe2 + e), la cui idrolisi produce acidità (Fe2+ 2H2O = Fe(OH)2 + 2H); una reazione di riduzione dell'ossigeno (processo catodico) che consuma gli elettroni citati e produce alcalinità (O2 + 2H2O + 4e = 4 OH). Gli elettroni vengono trasportati all'interno del metallo dalle regioni anodiche, dove vengono resi disponibili, a quelle catodiche, dove sono consumati (poiché gli elettroni sono carichi di  segno negativo, questo produce una circolazione di corrente convenzionale in senso opposto).
Nella fase di chiusura del circuito, la corrente circola nel calcestruzzo dalle regioni anodiche a quelle catodiche (trasporta dagli ioni perché, in presenza d'acqua, il calcestruzzo diventa un elettrolita).
I processi delineati sono complementari, cioè devono prodursi con la stessa velocità. Ne consegue che la velocità di corrosione è determinata dal più lento dei quattro processi parziali. La resistenza elettrica del-l'armatura è sempre trascurabile rispetto a quella del calcestruzzo.

12 – fonti di corrosione ulteriori

Sono rappresentate, soprattutto, dai cloruri (per esempio dai sali disgelanti utilizzati nella viabilità inverna-le), dalle correnti vaganti e dall’areazione differenziale. Quest’ultima fonte è spesso collegata a riparazioni puntuali, incorrette delle strutture.


12.1  – cloruri

La presenza di ioni cloruro nel calcestruzzo può avere differenti origini. Può essere di natura intrinseca attinente il confezionamento del calcestruzzo: acqua d’impasto, aggregati non adeguatamente lavati, additivi di varia natura, ecc., così come può derivare da cause inerenti l’ambiente esterno nella fase di esercizio: sali disgelanti, acque di mare o salmastre, aerosol marini, terreni, ecc.
In ogni caso l’aggressione da cloruri è una causa severa di degrado poiché i cloruri agiscono “perforando” letteralmente il film di ossido protettivo. Si instaura una cella di corrosione, poiché la zona “scoperta”, sot-tostate la “perforazione” del film protettivo, funge da ANODO, rispetto alle zone circostanti CATODICHE e si corrode. Il processo progredisce rapidamente nel tempo, autoalimentandosi: il passaggio della corrente di corrosione incrementa l’aggressività nella zona anodica, poiché la velocità di corrosione cresce con l’aumentare del rapporto Cl-/OH- e l’idrolisi dei cloruri complessi, instabili, generati dall’attacco, può abbas-sare il valore del pH sino a livelli inferiori a 5. Il fenomeno descritto è tipico delle pericolose corrosioni localizzate (pitting corrosion). 

La criticità descritta può trovare rimedio, specie negli interventi di ripristino che nelle procedure manutentive, con il ricorso ad inibitori di corrosione impregnanti del tipo CONSILEX – NO RUST.

12.2 – correnti vaganti

Una struttura metallica, in un mezzo caratterizzato da conducibilità ionica (calcestruzzo, acqua, terreno, ecc.), nel quale sia presente un campo elettrico associato alla circolazione di corrente continua, può essere sottoposta a corrosione per interferenza. L’entità dell’attacco per interferenza è correlabile all’intensità del campo elettrico. L’interferenza può essere stazionaria e non stazionaria. Quest’ultima, più frequente nel contesto delle opere in conglomerato cementizio armato, è determinata da un campo elettrico variabile, spesso associato a correnti vaganti disperse dai sistemi di trazione a corrente continua.
 

12.3 – areazione differenziale

La differente permeabilità all’aria delle diverse zone di calcestruzzo, determinata sia da fattori intrinseci, che da accadimenti successivi (procedere di fenomeni degenerativi , riparazioni incorrette, ecc.), può dare luogo a differenti gradienti di concentrazione di ossigeno (O2), in corrispondenza delle armature d’acciaio, con conseguente istaurarsi di celle galvaniche di corrosione.

 

La criticità descritta può trovare rimedio, specie negli interventi di ripristino che nelle procedure manutentive, con il ri-corso ad inibitori di corrosione impregnanti del tipo CONSILEX – NO RUST.

13 – corrosione ed effetti sul conglomerato cementizio armato 

L'abbassamento del pH, generalmente dovuto all'azione dell'anidride carbonica dell'aria che, reagendo con la calce della soluzione permeante, provoca la carbonatazione della pasta cementizia ed il conseguente ab-bassamento del pH. In un calcestruzzo completamente carbonatato il valore del pH risulta essere minore di 9. Il fenomeno della carbonatazione è tanto più profondo quanto più facilmente l'aria con il suo contenuto di anidride carbonica (0,03%), può venire a contatto con la pasta cementizia avvolgente i ferri, a causa di un copriferro di spessore insufficiente o troppo poroso o della presenza di fessurazioni.

Il procedere, l’importanza ed i protagonisti dei processi di corrosione sono efficacemente descritti nella Rappresentazione di Tuutti, nella conseguente schematizzazione e nella Derivata di De Sitter che inserisce, nei sistemi il parametro costituito dai costi di ripristino.

Le immagini sopra proposte possono essere coniugate con la descrizione letterale: l'armatura privata del suo strato passivante protettivo può quindi subire un processo di corrosione elettrochimico con formazione di zone anodiche e di zone catodiche collegate tra di loro sia elettricamente sia elettroliticamente. Il processo elettrochimico generato dalla differenza di potenziale, che si stabilisce tra anodo e catodo, ha come risultato il passaggio in soluzione di ioni ferrosi all'anodo, mentre al catodo gli elettroni messi in libertà formano con l'ossigeno (la cui presenza sostiene la reazione catodica) e l'acqua, ioni ossidrili. Questi si combinano con gli ioni ferrosi per formare i vari ossidi di ferro idrati (ruggine). I prodotti di ossidazione del ferro hanno volume maggiore del metallo e producono un’azione espansiva sul calcestruzzo con la forma-zione di fessurazione e con distacchi del copriferro, concorrendo ad incrementare sempre più le reazioni di corrosione.


La formazione degli ossidi di ferro idrati infatti, è caratterizzata dai significativi incrementi di volume schematizzati in figura, che si accompagnano a tensioni in grado di prevalere sulle resistenze meccaniche del calcestruzzo con conseguenze progressivamente distruttive.


Nello stesso tempo, la perdita di “sezione resistente” dell’armatura di acciaio, determina significativi decadimenti prestazionali nella struttura di conglomerato cementizio armato. Apparentemente le conseguenze dei fenomeni corrosivi sulle armature sono spesso localizzate in corrispondenza di aree e porzioni limitate delle strutture in conglomerato cementizio armato. Le conseguenze che ne derivano coinvolgono significa-tivamente le condizioni strutturali determinando scadimenti dello stato di sicurezza schematizzabili con:

Riduzione della capacità portante e della resistenza a fatica delle armature (A).
Manifestazioni fessurative del copriferro, ivi compresa l’espulsione dello stesso e l’insorgere di fenomeni di delaminazione del conglomerato ( B ).
Riduzione di aderenza delle armature, sino al limite massimo della perdita di ancoraggio.
Eventuali rischi di cedimenti imprevedibili determinati da fenomeni di infragilimento da idrogeno, in pre-senza di acciai ad elevato limite di snervamento ( C ).

L’azione aggressiva dell’anidride carbonica nei confronti del conglomerato cementizio può risultare ulte-riormente incrementata dal progredire della reazione del carbonato di calcio CaCO3 con l’acido carbonico H2CO3,  con formazione di calcio bicarbonato Ca(HCO3)2

Il calcio bicarbonato  Ca(HCO3)2 è caratterizzato da una solubilità 144 volte superiore rispetto al calcio carbonato. Le conseguenze in termini di dilavamento e progressione del degrado sono facilmente intuibili.


14 – fessure, carbonatazione e corrosione 

La presenza di fessure nel calcestruzzo “proietta” il fronte di carbonatazione all’interno del conglomerato, per tutta la profondità della fessura. ( immagine desunta da  La corrosione nel calcestruzzo e negli ambienti naturali - P.Pedeferri, L.Bertolini, McGraw-Hill, Milano, 1996.

15 – carbonatazione/ corrosione: parametri significativi 

Alcalinità del calcestruzzo: La capacità di un calcestruzzo di fissare l’anidride carbonica (CO2) è direttamen-te correlabile con l'alcalinità presente nella sua pasta cementizia e quindi dipende linearmente dalla quantità di cemento utilizzato. I differenti tipi di cemento e la presenza o meno di aggiunte di tipo pozzolanico condizionano l’alcalinità della  pasta di cemento. Nei cementi Portland, per esempio, circa il 64% del peso di cemento è costituito da CaOH2 mentre nei cementi d'altoforno (con il 70% di scoria) la percentuale di CaOH2 scende al 44%.
Temperatura: La concomitanza di elevati valori della temperatura di esposizione con gli altri fattori determinanti una elevata  permeabilità all’anidride carbonica disciolta in acqua, a parità di altre condizioni e in particolare del tenore di umidità, determina sensibili incrementi della velocità di penetrazione.

Rapporto acqua/cemento: La permeabilità di un calcestruzzo all’anidride carbonica disciolta in acqua e, di conseguenza, la sensibilità alla carbonatazione di un determinato calcestruzzo, è direttamente correlabile con il ben noto fattore qualificante rappresentato dal rapporto acqua/cemento. Per calcestruzzi di buona qualità, con rapporti a/c uguali o inferiori a 0,50, la velocità di carbonatazione è estremamente ridotta. 
Curing: La velocità di avanzamento del fronte di carbonatazione viene drasticamente ridotta in presenza di adeguati provvedimenti di stagionatura umida prolungata, grazie al migliore grado di idratazione degli strati corticali del conglomerato . Il curing umido pertanto non dovrebbe mai essere inferiore a 7 giorni.

16 – terminologia ricorrente 

Copriferro: Nelle strutture in conglomerato cementizio armato  (C.C.A.) il “copriferro” rappresenta l’interfaccia critica di innesco dei processi di corrosione e degrado è certamente rappresentata dal copriferro, definito dalla distanza fra la superficie esterna dell'armatura (inclusi staffe, collegamenti e rinforzi superficiali se presenti) e la superficie stessa del conglomerato cementizio. 
Durabilità: La struttura deve conservare le proprie caratteristiche durante la vita utile di progetto. La durabilità è funzione dell’ambiente in cui la struttura vive.  La durabilità si ottiene utilizzando materiali di ridotto degrado oppure dimensioni maggiorate della struttura o manutenzioni programmate (Relazione Generale) ed è garantita quando si adottano provvedimenti atti a imitare gli effetti di degrado:  attacco chimico-fisico, corrosione delle armature, cicli di gelo e disgelo.
Progetto e durabilità: Il progettista deve valutare le condizioni ambientali del sito  ove  sorgerà la costru-zione fissando le caratteristiche del calcestruzzo da impiegare, copriferro e regole di maturazione. Per la prestazione richiesta si può fare riferimento alle LLGG sul Calcestruzzo strutturale o alle UNI EN 206 e UNI 11104. “E’ compito del Progettista caratterizzare qualitativamente e quantitativamente tale ambiente, individuando e documentando chiaramente l’ambiente di progetto, che costituirà il quadro di riferimento ge-nerale per la definizione delle differenti situazioni di progetto: queste, con un termine più ampio, sono or-ganizzati per scenari di contingenza”.

17 – riferimenti normativi 

Norma UNI EN 206-1: “Calcestruzzo, specificazione, prestazione, produzione e conformità ”, nel prospetto 1, definisce, anche per la carbonatazione, le classi di esposizione che debbono essere considerate.
La stessa norma, con il prospetto F1, definisce i “valori limite raccomandati per la composizione e le proprietà del calcestruzzo.
Norma UNI 11104: “Calcestruzzo, specificazione, prestazione, produzione e conformità, Istruzioni complementari per l’applicazione della norma UNI EN 206-1
Norma UNI 8981-1: “Durabilità delle opere di calcestruzzo: definizione ed elenco delle azioni aggressive”,  indica la “carbonatazione” come significativo parametro in ordine alla corrosione delle armature del con-glomerato cementizio armato.
Norma UNI 8981-5: “Durabilità delle opere e degli elementi prefabbricati di calcestruzzo: Istruzioni per pre-venire la corrosione delle armature”. Fornisce una descrizione della “carbonatazione” e dei fenomeni dege-nerativi connessi.
Norma UNI 9944:1992 - "Corrosione e protezione dell'armatura del calcestruzzo. Determinazione della profondità di carbonatazione e del profilo di penetrazione degli ioni cloruro nel calcestruzzo",. Fornisce gli ele-menti di valutazione degli aspetti corrosivi riferiti alla presenza di cloruri.
Norma UNI EN 14630 - Norma Europea per i prodotti e i sistemi per la protezione e la riparazione delle strut-ture di calcestruzzo indica i metodi di determinazione della profondità di carbonatazione di un calcestruzzo indurito con il metodo della fenolftaleina.

18 – prevenzione e rimedi

Sono schematicamente descritti nel documento “Carbonatazione e corrosione del calcestruzzo: prevenzione e rimedi” reperibile in www.azichem.com

Edoardo Mocco

 

Riferimenti bibliografici

De Sitter Jr., W.R., Costs for Service Life Optimisation, the Law of Fives, Proceedings of the CEB-RILEM In-ternational Workshop on “Durability of Concrete Structures”, Copenaghen, Denmark, (CEB Bulletin d’Information, No. 152, 1984),
L. Massidda “Analisi delle cause di degrade del calcestruzzo e delle opera in calcestruzzo armato. Università di Cagliari.
P.Pedeferri, L.Bertolini, La corrosione nel calcestruzzo e negli ambienti naturali, McGraw-Hill, Milano, 1996.
M. Collepardi, Materiali immateriali, Enco Journal, N° 6, pp.1-3,1997
 K. Tuutti, Corrosion of Steel in Concrete, Swedish Foundation for Concrete Research, Stoccolma, 1982.
M. Collepardi, Il Nuovo Calcestruzzo, Terza Edizione, Editore Tintoretto, Castrette Villorba (TV), 2003.
P. Pedeferri, L. Bertolini, La durabilità del calcestruzzo armato, Editore McGraw-Hill, Milano, 2000.
BROOMFIELD, J. P. (1996) Corrosion of Steel in Concrete: Understanding, Investigation and Repair. Spon Press.
SHI, X., XIE, N., FORTUNE, K and GONG, J. (2011) Durability of steel reinforced concrete in chloride environments: An overwview. Construction and Building Materials. 30, 125-138.
SHREIR, L. L., JARMAN, R. A. and BURSTEIN, G. T.(1994) Corrosion: Volume 1. 3rd ed. Butter worth-Heinemann.
Concrete Society Technical Reports:
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SHREIR, L. L., et al. (1994). Corrosion volume 1. 3rd. ed. Butter worth Heinmann

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