Abrasione e polvere nei pavimenti di calcestruzzo

Categoria: Approfondimenti, esempi applicativi e opportunità
Data: 22/06/2017

Innovazioni nanotecnologiche nei presidi antiabrasione ed antipolvere

Abrasione e polvere nei pavimenti di calcestruzzo

01 – considerazioni preliminari

A - I pavimenti di calcestruzzo sono correntemente considerati, sotto il profilo della resistenza all’abrasione, come lastre di calcestruzzo provviste di un presidio indurente specifi-co, lo strato di usura, quasi sempre identificato con lo “spolvero di quarzo”. Persino le norme più recenti, richiamate nel paragrafo 15, sono acriticamente allineate con questa impostazione.

B – Sulla base delle abitudini consolidate e di una informazione certamente lacunosa, il committente di un pavimento in calcestruzzo ad uso industriale o commerciale, è portato a considerare lo spolvero di quarzo come una specie di assicurazione che gli garantisce un pavimento resistente, durevole e, stante la facile reperibilità del quarzo, certamente economico.

C – In realtà questo tipo di “scelta guidata” è basata tanto su una sottovalutazione della reale importanza del pavimento (paragrafo 02), quanto sulla sopravalutazione delle effettive prestazioni del “pavimento in quarzo”, spesso inficiate da criticità sia congenite che applicative (paragrafi 09 e 10).

 D – Questo tipo di “scelta guidata” inoltre, può risultare drammaticamente sbagliata nel caso delle pavimentazioni esterne, in aree soggette al gelo (paragrafo 11).

E – Le alternative allo strato di usura classico, rappresentate dalle soluzioni indurenti nanotecnologiche a base di silicati di litio, sono “pronte”, affidabili ed ampiamente collaudate, sia per le pavimentazioni interne che per quelle esterne esposte al gelo (paragrafo 14).

F – Le soluzioni indurenti nanotecnologiche a base di silicati di litio, possono anche rappresentare un fattore di sicuro adeguamento di pavimentazioni con lo strato di usura classico, nuove od esistenti.

 

02 - importanza dei pavimenti

Il pavimento di calcestruzzo è spesso sottovalutato dai progettisti, dai costruttori e persino dai committenti. Non viene infatti considerato che il  pavimento è, in realtà,  un punto focale delle attività che si svolgono in una struttura industriale e commerciale e, per questo motivo,  può rappresentare una fonte di reddito e di profitto così come la sorgente di innumerevoli problemi. Una pavimentazione difettosa è infatti un serio pregiudizio per lo svolgimento della produzione, per la movimentazione delle merci, per la stabilità e la sicurezza dei sistemi di stoccaggio, per il mantenimento del corretto stato di pulizia e di salubrità degli ambienti di lavoro.

03 - l’abrasione nei pavimenti di calcestruzzo ad uso industriale

Il termine “abrasione”, dal latino abradere, che significa “raschiare da”, definisce sia un particolare tipo di usura che comporta l’asportazione superficiale di materiale a seguito di ripetute azioni di attrito, che la progressiva degradazione della superfici per logoramento ed erosione. La resistenza all’abrasione ed al logoramento riveste particolare importanza all’estradosso delle pavimentazioni di calcestruzzo ad uso industriale ed è annoverabile fra le cause più importanti e ricorrenti del logoramento delle superfici dei pavimenti di calcestruzzo, ivi compresa la generazione della polvere.

 

04 - abrasione e generazione di “polvere”nei pavimenti di calcestruzzo 

Nelle pavimentazioni di calcestruzzo definite dalla specifica norma (UNI 11146 - 2005) “Pavimenti di calcestruzzo ad uso industriale: criteri per la progettazione, costruzione e collaudo”, la funzione antiabrasiva ed antipolvere è generalmente affidata ad un presidio di finitura, definito “strato di usu-ra” (UNI 11146 punto 7.3), spesso realizzato mediante stesura, sul massetto di calcestruzzo nella fase di primo rapprendimento, di un composto indurente, applicato in forma anidra (spolvero) o, più raramente, in forma di malta (pastina). La realtà esecutiva ha però evidenziato che i presidi antiusura ed antipolvere del tipo accennato sono spesso accompagnati da risultati insoddisfacenti: elevata generazione di polvere, scadenti requisiti di resistenza all'usura ed al logoramento, ecc.


E' opportuno osservare che, “la generazione di polvere", oltre ad implicare negative incidenze in termini di durata funzionale della pavimentazione, può comportare aspetti non trascurabili in ordine alla sicurezza dell'ambiente di lavoro: la polvere, generata dal logoramento della pavimentazione è costituita da minute particelle di biossido di silicio in forma cristallina che, ove inalato in forma prolungata nel tempo, può essere causa di silicosi.

Sempre a proposito di “polvere” la norma UNI 7999 "Pavimentazioni - analisi dei requisiti" recita:  "Le azioni esercitate sulla pavimentazione o dalla pavimentazione consistono in: emissione e/o trattenimento di sostanze aerosospese prodotte esterno o interno e dal transito". La definizione è tutt'altro che esaustiva: per esempio non comporta distinzione alcuna fra la polvere originata dalla pavimentazione sottoposta ad abrasione da traffico e quella  proveniente dall'ambiente esterno o da lavorazioni specifiche. Per questi ultimi tipi di polvere i provvedimenti da adot-tare, esulando dalla tecnologia attinente la pavimentazione come tale, non sono contemplati nelle presenti note.

05 - abrasione, attrito volvente e radente

L'attrito volvente è la modalità di dissipazione di energia meccanica associata al rotolamento che  si manifesta nel moto di un corpo che si muove su un altro corpo, senza strisciare (rotolando), cambiando quindi continuamente superficie di contatto. Dal punto di vista fenomenologico l'azione dell'attrito volvente è caratterizzata da una coppia, sempre antagonista al rotolamento, il cui valore dipende dall’entità della forza premente, perpendicolare al piano di appoggio, e dai materiali di cui sono costituiti l’elemento rotolante (la ruota) ed il supporto o appoggio.
In effetti, l'attrito volvente puro non esiste poiché tutti i corpi sono deformabili, per cui l'attrito volvente che si sviluppa  su una superficie piana o quasi, e quindi è sempre accompagnato dall’attrito radente.

06 - durezza e resistenza all’abrasione

Nel lessico degli addetti ai lavori la resistenza all’abrasione (ed al logoramento) dei pavimenti di calcestruzzo è spesso indicata, impropriamente come “durezza secondo Mohs”. Nel manuale "I minerali e le rocce" del Prof. E. Artini la “durezza riferita alla scala di Mohs trova una descrizione accurata che ne definisce anche i limiti.


"Il Mohs, osservando che di due sostanze, delle quali una scalfisca l'altra e non ne sia scalfita, la prima deve dirsi più dura della seconda, definì una scala delle durezze, affatto convenzionale, composta di dieci minerali, ordinati in serie crescente di durezza; si può così esprimere, mediante confronto ed in modo approssimativo, la durezza dei singoli minerali. Questa notissima scala è composta dai dieci termini: di un corpo che sia duro come il Topazio si dirà che ha durezza 8;  di uno che invece sia capace di scalfire l'Ortoclasio e sia scalfito dal Quarzo si dirà che ha durezza  6,5; ma non bisogna dimenticare che con questi numeri non si intende menomamente misurare la durezza: essi sono semplicemente dei numeri ordinali che esprimono un confronto con i termini della scala.”

Infatti, per una più esatta misura della durezza nelle diverse direzioni, poiché come tutte le proprietà vettoriali, anche la durezza varia nei cristalli con la direzione, bisogna ricorrere a speciali strumenti detti sclerometri, mediante i quali si fa scorrere la faccia da sperimentare sotto una punta di acciaio o di diamante, caricata di un peso, fino ad ottenere una scalfittura distinta; la durezza, in una direzione, si ottiene proporzionale al peso minimo necessario per ottenere la scalfittura".

07 - lo strato (o manto) di usura: composizione e caratteristiche 

La norma UNI 11164, al punto 3.2.2., definisce lo strato (o manto di usura) come “Lo strato superiore di un pavimento, utilizzato come pavimentazione finita”. In altri termini, lo strato di usura (o di finitura) ha lo scopo di migliorare le prestazioni superficiali chimico-fisico-meccaniche e/o estetiche della superficie della pavimentazione, con particolare riferimento alla resistenza all’abrasione ed alle prestazioni antipolvere. La stessa norma, al punto 7.3, precisa altresì che “i premiscelati pronti all'uso in commercio, utilizzabili per lo strato di usura applicato col metodo a spolvero o a pastina, sono classificabili in base al tipo di indurente che ne caratterizza il comportamento fisico-chimico (EN 13813)”.


Sulla base della norma UNI EN 13813:2004 - Massetti e materiali per massetti - Materiali per massetti - Proprietà e requisiti”, la resistenza all'usura per i materiali per massetti cementizi (e quindi anche per i pavimenti di calcestruzzo) deve essere determinata in conformità al prEN 13892-3 (re-sistenza all'usura Böhme) o al prEN 13892-4 (resistenza all'usura BCA) o al prEN 13892-5 (resi-stenza all'usura dovuta ai carichi rotanti) e deve essere dichiarata dal fabbricante. Per dichiarare la resistenza all'usura per i materiali per massetti cementizi, il fabbricante può scegliere fra questi tre metodi di prova e per i materiali per massetti a base di resina sintetica fra la resistenza all'usura BCA e la resistenza all'usura dovuta ai carichi rotanti. In realtà, la definizione richiamata fornisce soltanto indicazioni per verificare le caratteristiche intrinseche dei materiali utilizzabili per “costruire” lo strato di usura mentre l’effettiva resistenza dello strato di usura resta abbondantemente indeterminata.


L’osservazione trova conferma  nel “Codice di buona pratica per i pavimenti di calcestruzzo ad uso industriale”, edito da Compaviper che recita: “non sono disponibili in Italia criteri standardizzati per la valutazione in sito della resistenza all’usura di un pavimento, perciò non è possibile specificarne le prestazioni. Le esigenze dell’utente possono essere soddisfatte attraverso l’idonea scelta delle proprietà del calcestruzzo, del metodo di realizzazione dello strato d’usura e dei materiali indurenti che lo costituiscono”.


08 - applicazione e lavorazione dello strato di usura 

La norma UNI 11146, al punto 9.2.6, recita: Le operazioni di applicazione e lavorazione dello strato di usura devono essere eseguite su calcestruzzo fresco, prima che si siano innescati fenomeni di presa. È preferibile utilizzare prodotti premiscelati.

Metodo a spolvero (punto 9.2.6.1): Il prodotto deve essere applicato anidro con spolveratura su calcestruzzo fresco e steso in almeno due fasi alternate da lavorazione meccanica, in quantità complessiva non minore di 2 kg/m2. Per la finitura del manto d'usura si deve limitare al minimo indispensabile la quantità d'acqua eventualmente aggiunta. Metodo a pastina (punto 9.2.6.2): Prima dell'applicazione della malta di riporto (o pastina) deve essere eliminato ogni deposito residuo portato in superficie dall'acqua di affioramento del calcestruzzo. Deve essere applicata una quantità di prodotto premiscelato anidro non minore di: 15 kg/m2, se a base di aggregati lapidei, 30 kg/m2, se a base di aggregati metallici. Per la finitura del manto d'usura si deve limitare al minimo indispensabile la quantità d'acqua eventualmente aggiunta.

09 - criticità congenita delle miscele indurenti

La composizione ed il comportamento delle miscele indurenti, normalmente impiegate nella costruzione dello strato di usura delle pavimentazioni cementizie sembra essere l’oggetto di una definizione, particolarmente calzante, che, ancora una volta è possibile trovare nelle pagine del manuale "I minerali e le rocce": "Nelle rocce che ordinariamente constano di aggregati eterogenei di minerali diversi, non si può misurare in un modo attendibile la durezza con lo sclerometro, come si fa invece, con i singoli minerali. Molte rocce poi anche composte di minerali duri, presentano una durezza apparente bassa, quando l'adesione tra i singoli granuli sia debole; si ottiene, per esempio, agevolmente una scalfittura in un'arenaria composta essenzialmente di quarzo, pure durissi-mo, se il legante tra i singoli granuli è basso come nelle molazze".


Le analogie fra il sistema dell’arenaria e le “miscele cementizie indurenti", normalmente utilizzate a “rinforzo” delle pavimentazioni in calcestruzzo, sono piuttosto evidenti. Come nell'arenaria le "miscele indurenti" sono composte da un aggregato "duro", il quarzo, il corindone ed altri, e da un legante, la pasta cementizia che ha il compito di "interconnettere" i granuli di aggregato fra loro e con la superficie del massetto di calcestruzzo "verde" della pavimentazione.
Lo scopo fondamentale delle miscele indurenti è quello di realizzare all'estradosso della pavimen-tazione uno strato di materiale "duro", resistente, in grado di opporre un'adeguata resistenza alle sollecitazioni indotte dall'attrito radente e volvente, senza generare polvere. Come nelle molazze però, l'aggregato "duro” è collegato dal un legante più scadente in termini di durezza, rappresentato dalla pasta cementizia. E’ proprio a questa debolezza costituzionale e congenita, che possono essere ascritte le mediocri prestazioni antiusura ed antipolvere delle pa-vimentazioni in calcestruzzo: l'aggregato "duro" è classificabile (nel caso del quarzo) al 7° livello della Scala di Mohs e può quindi essere considerato come resistente al logoramento. Il legante, costituito dalla pasta cementizia,  classificabile, in funzione della sua qualità (rapporto A/C), a livelli compresi fra 3 e 5 della scala medesima, non offre una effettiva resistenza al logoramento ed alla formazione della polvere. In altre parole, il sistema realizzato sia dagli “spolveri indurenti” che dalle “pastine indurenti” può essere rappresentato come una scacchiera: un mosaico, con tessere dure e resistenti: i granuli di quarzo, intervallate nelle diverse dimensioni, da tessere logorabili : la pasta cementizia. Inoltre, nel tessuto del rivestimento indurente, lo spazio lasciato libero dall'idrossido di calcio della pasta cementizia che con la carbonatazione diventa più rapidamente friabile e si polverizza, costituisce una discontinuità che scopre l'aggregato "duro" esponendolo a sollecitazioni anomale, am-plificate in misura altrettanto anomala.  Sollecitazioni che sono abbondantemente in grado di disalveolare i granuli di indurente alimentando il processo logorativo.

10 - possibili criticità nella costruzione dello “strato di usura”

Nella pratica esecutiva il quadro aggressivo accennato è ulteriormente amplificato da vicende di varia natura, tutte concorrenti però, nel determinare drastici scadimenti qualitativi e prestazionali nella pavimentazione: l'azione vibrante indotta, per esempio, dalla frattazzatura o dalla lisciatura meccanica, richiama, verso la superficie del massetto, l'acqua libera ed i componenti più fini del  calcestruzzo con il risultato di una ulteriore concentrazione di pasta cementizia all'estradosso che va ad aggiungersi alla sovrabbondanza di legante che già caratterizza il rivestimento indurente; l’insufficiente idratazione, che si accompagna agli accumuli di legante descritti, comporta la presenza di ulteriori quantitativi di elementi friabili e ripropone tutto quanto già osservato per l’idrossido di calcio. L’applicazione intempestiva (anticipata) dello spolvero, prima che nel conglomerato sia esaurito il bleeding, determina l’arresto della risalita d’acqua, impedita dallo strato antiusura. Le lenti di acqua formatesi al di sotto dello strato antiusura provocano, una volta evaporata l’acqua, la formazione di vuoti e quindi, al passaggio dei veicoli, il distacco per delaminazione dello strato antiusura.
L'abbondanza localizzata di cemento, inoltre, alla quale contribuisce considerevolmente anche l’apporto dello “spolvero” si accompagna ad elevati livelli dell'esotermia differenziale di reazione, con i picchi più alti all'estradosso. La conseguenza è rappresentata dall'insorgere di reticoli microfessurativi a zolle che costituiscono sezioni di indebolimento e di innesco per successivi fenomeni degenerativi sia di tipo meccanico che chimico. E' facilmente intuibile che, una volta innescati pun-tualmente e superficialmente, i fenomeni degenerativi e disgregativi accennati, sono destinati ad estendersi alle zone adiacenti sia in senso orizzontale che verticale, interessando aree sempre più ampie della pavimentazione.

11 - criticità nelle pavimentazioni esterne in clima rigido

Lo strato di usura, realizzato mediante spolvero o pastina, sul calcestruzzo costituente la lastra di pavimentazione, quando il conglomerato è nelle prime fasi di rapprendimento ha il compito “teori-co” di migliorare la resistenza all’abrasione e la funzione antipolvere all’estradosso. Le fasi di applicazione dello strato di usura accentuano però la vulnerabilità del calcestruzzo in termini sia di “canalizzazione verticale da bleeding in fase plastica” che di “affioramento all’interfaccia” e, in talu-ni casi, attraverso l’indesiderato inglobamento di strati d’aria che possono determinare vere e proprie discontinuità orizzontali.


Nei pavimenti esterni, esposti ai cicli di gelo/disgelo (come avviene nelle “aree critiche” accennate in figura), le esperienze consolidate dimostrano che lo strato di usura tradizionale può persino costituire una causa di degrado, poiché il calcestruzzo che dovrebbe essere di categoria XF3/XF4, viene ricoperto da miscele cementizie che da un lato non possono fornire le stesse caratteristiche e, dall’altro, non presentano alcuna caratteristica di resistenza alle tensioni conseguenti all’espansione del ghiaccio.

La presenza dello strato indurente infatti, oltre a non impedire la permeazione dell’acqua negli strati di calcestruzzo sottostanti (permeazione che può comunque svilupparsi attraverso i giunti e le fessurazioni), focalizza la permeazione persistente dell’acqua nella pasta di cemento corticale del calcestruzzo, favorendo l’instaurarsi delle condizioni di saturazione critica. Lo strato indurente inoltre, opponendo una resistenza iniziale all’espansione per congelamento dell’acqua, amplifica le conseguenze tensionali e distruttive. Ne consegue che le esigenze antiabrasive ed antipolvere di queste pavimentazioni debbono essere quindi altrimenti affidate.

12 - abrasione e riferimenti normativi

La norma UNI 8981-1-1999, aggiornata nel 2012: “Durabilità delle opere e manufatti di calcestruz-zo” contempla l’abrasione, l’erosione e la cavitazione, fra le cause meccaniche di azioni aggressive nei confronti delle opere e dei manufatti in calcestruzzo non si addentra nella loro definizione e non fornisce istruzioni per migliorare, in proposito, la resistenza dei manufatti di calcestruzzo.
La norma UNI EN 13813-2004: “Massetti e materiali per massetti, proprietà e requisiti”, nella parte 3°,  fornisce indicazioni soprattutto in relazione ai metodi di verifica per le differenti caratteristiche dei massetti, ivi compresa la resistenza all’usura.  
La norma UNI 11146 – 2005 “Pavimenti di calcestruzzo ad uso industriale: criteri per la progetta-zione, costruzione e collaudo” identifica l’interfaccia interessata dai processi di abrasione ed usura, definita, al punto 3.2.2. come “Strato (o manto) di usura” ovvero come Strato superiore di un pavimento utilizzato come pavimentazione finita”.
Anche la più recente disposizione normativa UNI EN 206-1: “Calcestruzzo, specificazione, prestazione, produzione e conformità” si limita a considerare la resistenza all’abrasione fra i “requisiti ag-giuntivi” (punto 6.2.3), senza ulteriori indicazioni.

13 - il calcestruzzo per pavimenti industriali resistenti all’usura

Per i pavimenti in calcestruzzo sottoposti a normali condizioni d’usura il progetto deve prevedere un calcestruzzo, coerente con la norma UNI EN 206-1 ed uno “strato di usura” correlato alle effettive condizioni di traffico e di esercizio. La finitura a spolvero di quarzo deve essere considerata una finitura standard, di tipo economico, adatta soprattutto in presenza di attività di traffico medio-leggere. Quando il traffico veicolare è intenso, concentrato, localizzato o quando sul pavimento si svolgono attività gravose è necessario prevedere uno “strato di usura appropriato”, per esempio a base di corindone o di granulati metallici (a titolo di semplice informazione il corindone presenta una durezza 9 nella Scala di Mohs, ed un valore di durezza assoluta superiore al quarzo del 300%). 
È necessario osservare che, sulla base delle criticità “congenite”, richiamate nel paragrafo 09 e di quelle “di costruzione”, richiamate nel paragrafo 10, le soluzioni accennate non sono esenti da considerevoli perplessità mentre nel caso delle criticità “di esposizione”, richiamate nel paragrafo 11, debbono essere assolutamente escluse.
La possibile alternativa, sicuramente affidabile, è rappresentata dagli indurenti chimico/meccanici, nano-tecnologici, non pellicolari, a base di Silicati di Litio, del tipo  QL NANO LITHIUM, che possono essere applicati sia direttamente su un calcestruzzo opportunamente progettato e confezionato, anche per pavimenti esterni esposti al gelo (A) che in presenza dei differenti “strati di usura” per superarne i limiti funzionali noti e richiamati (B).

14 – QL NANO LITHIUM la “soluzione antiusura multifunzionale”

E' un prodotto “nano-tecnologico”(2) non pellicolare (3), a base di SILICATI di LITIO (4) che realizza il controllo e la manipolazione della materia utilizzando proprietà e fenomeni fisico chimici che si manifestano su una scala dimensionale pari alla miliardesima parte del metro.

E' un prodotto penetrante (5), specifico per il consolidamento corticale, l'indurimento chimico superficiale (6) ed il trattamento antipolvere (7) di pavimentazioni industriali in calcestruzzo che può essere applicato sia immediatamente dopo la finitura con frattazzatrici meccaniche ad eliche, sulla superficie di un nuovo pavimento in calcestruzzo, fungendo, in questo caso, anche da antievaporante (8), favorendo la maturazione umida del calcestruzzo, che sulle superfici di calcestruzzo di pavimentazioni esistenti, con strato di usura o meno, per conferire importanti prestazioni protettive, antiusura ed antipolvere.

E' un prodotto di agevole applicazione (9) e riapplicazione (10), penetrante, privo di effetti pellicolari, trasparente nella versione standard (11), può essere fornito anche pigmentato (12).

E' un prodotto in grado di contrastare le insorgenze fessurative (13) e di inibire la nociva reazione alcali-aggregati (ASR: alkali–silica reaction) (14) e le conseguenti manifestazioni: popout (15) senza modificare la tessitura superficiale del conglomerato (16).

E' un prodotto di elevata sicurezza sia nelle fasi applicative che di esercizio; è esente da nocività (17), a base acqua (18), non infiammabile (19), privo di solventi (20), non emette sostanze organiche volatili (VOC) (21).

E' un prodotto adatto per pavimentazioni interne ed esterne (22), resistente ai raggi U.V, (23) alle intemperie, ed ai processi di delaminazione per congelamento (24).

Rappresenta la risposta più affidabile all’assunto che non è l’aggregato più duro (quarzo, corindone, ecc.) a determinare la resistenza all’abrasione ma il legante più tenero (la pasta di cemento ed agli ormai noti limiti degli strati indurenti tradizionali, a spolvero ed a pastina.

15 - riferimenti bibliografici

Norma UNI 11146-2005 - “Pavimenti di calcestruzzo ad uso industriale: criteri per la progettazione, costruzione e collaudo”;  CNR-DT 211/2014 Istruzioni per la Progettazione, l’Esecuzione ed il Con-trollo delle Pavimentazioni di Calcestruzzo; Compavimper - Associazione di Categoria Imprese Pavimenti e Rivestimenti industriali – (Codice di buona pratica); Norma UNI EN 206-1 “Calcestruzzo, specificazione, prestazione, produzione e conformità”; "I minerali e le rocce" - (HOEPLI) Prof. E. Artini; Concrete Basics – CCA - Cement Concrete & Aggregates – Australia; ACI Standard Re-commended Practice for Concrete Floor and Slab Construction, ACI 302, “Manual of Concrete Practice; “Causes of Floor Failures,” by A. T. Hersey; ACI Journal, June 1973; “Cracks in Concrete: Causes, Prevention, Repair,” A collection of articles from Concrete Construction Magazine, Ju-ne 1973.

Edoardo Mocco
(edoardomocco@tiscali.it)

 

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